L’INCHINO DELL’INCHINO

Così, come un inchino all’inchino. A ben debita distanza dalla tragedia, passa la Costa Serena, sorella gemella della fu Concordia, ora prostrata, umiliata. Passa lontana, diligentemente lontana. Ma passa, perché il business non si può fermare, e il sogno dei crocieristi neanche. Anzi, per questi sognatori del lusso, una chance in più: ecco laggiu’ in bella mostra il relitto sfortunato, nuova inquietante attrazione turistica. Dai ponti panoramici della Costa Serena deve quasi incutere timore reverenziale questo gigante agonizzante che prometteva divertimento e ha restituito morte. Chissà quante foto, quanti video da riportare a casa, come trofei di un safari marittimo privilegiato. Perché qui ci si deve divertire, e poco importa se bisogna farlo ballando su quelle stesse acque, ormai marciscenti, che ancora intrappolano cadaveri nel ventre buio della carcassa inviolata.

E’ che l’illusione di divertimento, come lo spettacolo, deve continuare, perché qui si tratta di illudersi di essere ricchi almeno per una settimana, con un pacchetto-vacanza pensato per far sentire élite le masse. Come si tratta di fingere di non vedere le condizioni di simil-schiavitù dei servitori di bordo, quelli a 3 euro l’ora che se si lamentano vengono scaricati al prossimo porto. Se tutto questo si dovesse vedere, che sogno sarebbe?

Ma a questo serve l’illusione, lì in mezzo al mare, in una dimensione sospesa, a distanza di sicurezza dalla realtà: tra ovest dove lentamente sprofonda la tragedia, ed est sulla terra ferma dove nel frattempo le altre masse, quelle civili, scendono in guerra per salvare quel po’ di salvabile che gli resta.

I reclusi della nave no, loro vogliono sognare. Umanità in scatola che il mondo lo vuole vedere solo dai ponti, quelli per cui il divertimento sta tutto dentro, quelli per cui il viaggio è la nave e non la meta, quelli che bramano inchinarsi al panorama, alle coste, allo sfarzo. Come la Concordia, che però si è inchinata un po’ troppo. Ed è precipitata nella realtà.


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