Nel nostro immaginario il capitano affonda con la sua nave dopo aver salvato tutti i passeggeri, dando così nel sacrificio un segno di audacia rassicurante, corrispettivo legittimo degli onori e delle glorie ricevute per il suo posto di potere. Il capitano risveglia in noi sentimenti mai sopiti verso il padre giusto, forte e coraggioso, che tutti da bambini abbiamo avuto spesso più nella nostra fantasia che nella realtà dei fatti.
Di un padre autorevole e impavido abbiamo bisogno da piccoli, dopo aver lasciato con dolore l’abbraccio protettivo e indulgente della madre, per poter sciogliere le nostre paure del mondo così minaccioso e crudele. Il padre archetipico della nostra storia evolutiva è una guida sicura che ci tende la mano e che ci accompagna alla scoperta del bene e del male, che ci fa vincere la paura atavica della nostra fragile natura portandoci nel rischio, concedendoci con merito il suo coraggio e la sua lealtà.
Ma di capitani che si prendono la responsabilità della rotta e degli incidenti che su questa possono accadere, prendendosi il carico delle sofferenze e delle angosce dei loro passeggeri, ce ne sono sempre meno. I nostri poveri capitani, figli di padri pavidi, oggi sono sempre più spaventati, tronfi del loro meschino potere, hanno lo sguardo ottuso e attonito, e sono incapaci di assumersi qualsiasi responsabilità. Poi quando il disastro accade sono i primi a scappare terrorizzati, e piagnucolando riversano tutte le colpe su qualcun altro, proprio come hanno visto fare i loro padri.
I padri hanno il compito della lettura della realtà del mondo, devono salvarci dalle catastrofi, naturali, economiche, ambientali e sociali, prendendosi la responsabilità del danno creato anche al costo di affondare con la nave o di sprofondare nella neve. Devono essere in grado di guardare lontano, avanti e indietro nel tragitto, e devono essere capaci di cambiare rotta quando questa diventa una minaccia per la sopravvivenza di tutti.
La metafora del padre è un immenso significante che versa oggi in una drammatica crisi regressiva, vinta dal mito dell’egoismo, del cinismo, della violenza verso i deboli. Il padre che vaga nelle nostre menti è il figlio di Urano e come Crono divora i suoi figli per non essere da loro spodestato, è il figlio di un padre castrato, è un mammo infelice ossessionato dal possedere, terrorizzato dalla morte, capace solo di violenze e distruzione.
Il mito arcaico del padre vigliacco ed egoista si è riattivato nell’inconscio dell’umanità creando il prologo della disfatta totale, ponendoci davanti il destino di un potere sempre più imponente di pochi squallidi capitani che, nel delirante tentativo di salvarsi da soli, lasciano morire tutti gli altri con catastrofi naturali ed artificiali, dove New Orleans ne è stata la più evidente promessa.
Per questo i capitani che ci scegliamo per il gioco psichico della rivalsa sono sempre più simili a noi, figli di padri fragili e vigliacchi annegano nel potere e nelle ricchezze la loro misera natura di sconfitti del coraggio e della responsabilità.
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Sublime..
Bellissimo articolo, secondo me contiene la descrizione chiara della situazione dei disastri politici, economici, ambientali e culturali del mondo moderno. E’ vero, i responsabili siamo noi, con le nostre scelte, con le nostre debolezze e piccole e grandi vigliaccherie…