Non cercate questa sindrome nel manuale psicodiagnostico più famoso del mondo, il DSM, che sta per Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders, una sorta di catalogo dei disturbi mentali utilizzato da quasi tutti i professionisti del settore, perché non c’è, visto che me la sono inventata io. E non ho fatto nulla di strano, visto che questo è un sistema comune di inserimento e di eliminazione delle varie patologie psichiatriche presenti nel DSM, secondo i bisogni e le opportunità relative agli interessi culturali, economici e professionali dell’associazione psichiatrica americana che ne cura la redazione.
Famoso è l’esempio dell’omosessualità, inserita come malattia nelle prime edizioni del volume, poi cancellata a seguito delle proteste anche di molti psichiatri omosessuali. In questo caso è stata fatta una cosa positiva, l’omosessualità ovviamente non è una malattia, ma in molti altri la motivazioni all”inclusione o all’esclusione di patologie avevano ed hanno come obiettivo quello di favorire la medicalizzazione di alcuni strati della popolazione.
Recentemente è sorta una polemica sulla presunta esclusione nell’ultima edizione del DSM, la quinta, che uscirà forse l’anno prossimo, di alcune patologie di carattere narcisistico, principalmente trattate con la psicoterapia, non più considerate come meritevoli di cura probabilmente perché contrarie agli interessi delle case farmaceutiche e delle assicurazioni. Ma, come vedremo in seguito, forse non solo per questo. Quello che mi sono sempre chiesto è perché, soprattutto noi psicoterapeuti e anche non americani, dovremmo utilizzare questo manuale compilato da un’associazione privata di medici d’oltreoceano secondo i loro criteri ed interessi sempre più connessi, come molte inchieste hanno dimostrato, con quelli delle case farmaceutiche.
Per questo non ho capito la protesta messa in atto dall’ordine di psicologi del Lazio contro l’eliminazione dal DSM V dei disturbi narcisistici. Questo manuale semplicemente non va usato, per l’indipendenza culturale e per la dignità professionale degli psicologi, e soprattutto nel rispetto degli interessi degli utenti. Sarebbe ora che si proponesse l’utilizzo di categorie diagnostiche proprie della cultura psicoterapica, ormai purtroppo sempre più invasa dal modello medico.
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assolutamente d’accordo. suggerisco inoltre il delirio d’invidia, la sindrome da stupidità del weekend, l’ansia reattiva a deficit di pettorali.