Trapianto di faccia da record negli usa. Sterilizzazioni forzate: “Dal 1985 al 1998 circa 6 mila negli opg italiani”. La pena di morte uccide ancora: 676 esecuzioni nel 2011. Il rischio di depressione sale dell’80% per chi vive solo. I batteri si scambiano informazioni prima di attaccare l’organismo. “Rivoluzioni Spa”, i retroscena della Primavera araba: gli Usa dietro le rivolte 2.0. Così la crisi ci fa impazzire. Più morti da depressione che radiazioni. Il paradiso della dolce morte è in Svizzera. Poveri nonni, la crisi li mette in ginocchio.
TRAPIANTO DI FACCIA DA RECORD NEGLI USA
(Sanita News) Eseguito negli Stati Uniti un trapianto di faccia record. Secondo i chirurghi dell’Universita’ del Maryland, che lo hanno effettuato tra il 19 e il 20 marzo, si tratta dell’intervento piu’ esteso realizzato finora. A riceverlo Richard Norris, 37 anni, a cui sono stati sostituiti fra l’altro mandibola, denti e lingua nuovi, come si legge sul ‘Washington Post’. Le foto del prima e del dopo sono impressionanti: il viso dell’uomo era come ‘risucchiato’ all’interno, tanto da portarlo a vivere da recluso per 15 anni dopo essere stato gravemente ferito nel corso di un incidente con una pistola, come hanno spiegato i medici. Si muoveva solo di notte e indossava una maschera ogni volta che usciva. La settimana scorsa Norris si e’ sottoposto a 36 ore di intervento al Maryland Shock Trauma Center, una ‘maratona’ presentata alla stampa come il piu’ esteso trapianto di faccia mai realizzato. L’operazione includeva la sostituzione di lingua, denti, mascella superiore e inferiore. Tre giorni dopo si e’ guardato allo specchio; aveva finalmente un naso, poteva muovere la lingua. Grazie al donatore, rimasto anonimo, sono stati operati altri cinque pazienti, che hanno ricevuto cuore, entrambi i polmoni, fegato e reni nuovi. L’intervento e’ arrivato alla fine di un decennio di ricerche finanziate dall’Office of Naval Research Usa, con l’obiettivo di potenziare la ricostruzione facciale per i soldati vittime di incidenti sul campo di battaglia. Norris, un civile, e’ stato scelto dopo un incontro con Eduardo Rodriguez nel 2005. Nel frattempo e’ stato sottoposto a una serie di test fisici e psicologici, in attesa del donatore perfetto. “Il nostro obiettivo e’ quello di ripristinare la funzionalita’, cosi’ come l’estetica”, ha detto Rodriguez. La procedura ha coinvolto 150 tra medici, infermieri e componenti dello staff. Ora Norris e’ in grado di farsi la barba e lavarsi i denti. Il paziente dovrebbe restare in ospedale per un mese e sotto osservazione a Baltimora (per controlli regolari) per tre mesi. “Molti pensano che sia una questione estetica, ma chi ha vissuto dietro una maschera, se si puo’ chiamare vita – ha concluso Rodriguez – in questo modo ritorna a vivere” davvero.
STERILIZZAZIONI FORZATE: “DAL 1985 AL 1998 CIRCA 6 MILA NEGLI OPG ITALIANI”
(Redattore Sociale) Una violazione ancora diffusa, su cui non esistono dati recenti. Intervista a Silvia Cutrera (Edf), nel giorno dell’audizione al Parlamento europeo dedicata alla violenza sulle donne disabili. Circa il 40% delle donne disabili europee è vittima di violenze. Risale al 2008 l’inizio del cosiddetto “caso Gauer”, che ha posto all’attenzione della cronaca internazionale la questione della violenza contro le donne disabili. Ad agosto 2011, dopo quasi 3 anni, è approdato alla Corte europea dei Diritti umani, ma ci vorranno alcuni anni per conoscere la pronuncia. Silvia Cutrera, presidente dell’Avi (Agenzia per la vita indipendente) di Roma e membro dell’Adf (Europea disability forum) ci aiuta a ricostruire i fatti e inquadrarli nel problema, ancora molto diffuso, della violenza contro le donne disabili a cui oggi è dedicata un’audizione dell’Edf al Parlamento europeo Cos’è il caso Gauer? Quali le ultime vicende? Il 10 dicembre 2008, presso la V Sezione della Corte di giustizia francese, è stato depositato il ricorso di Joelle Gauer ed altre donne disabili contro la Francia, nel quale le ricorrenti denunciavano di essere state sterilizzate senza il loro consenso. I fatti risalgono agli anni 1995-1998, quando alle giovani donne con disabilità viene praticata la legatura delle tube come metodo contraccettivo, senza il loro consenso e senza che fossero informate della natura dell’intervento. Dopo varie vicissitudini, nel 2006 il Tribunale di Sens emette un’ordinanza di non luogo a procedere, sostenendo che l’operazione chirurgica non poteva essere considerata una pratica illecita e che l’assenza di consenso non attribuiva connotati penali ai fatti denunciati. Decisione confermata in appello nel marzo 2007, motivata dalla tesi che la legatura delle tube è tecnicamente reversibile, che le persone con disabilità mentale non sono in grado di accudire i loro figli e quindi tale metodo contraccettivo era stato scelto nell’ interesse delle ricorrenti, senza alcuna volontà di mettere in pericolo la loro salute: non era stata adottata quindi una politica eugenetica. La Corte d’appello aggiungeva che tali fatti trovavano copertura nelle leggi in vigore. Le parti civili ricorrono in Cassazione, che nel giugno del 2008 dichiara il ricorso irricevibile ai sensi dell’art. 575 del codice di procedura penale che prevedeva requisiti restrittivi per permettere alle parti civili di ricorrere in appello contro le sentenze della Camera istruttoria. Sollevata la questione di legittimità costituzionale, lo stesso art. 575 viene dichiarato incostituzionale e abrogato il 23 luglio 2010. Invocando l’art. 6 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, i ricorrenti denunciano che le giovani donne fin dall’inizio della procedura giudiziale non hanno potuto essere rappresentate, che non era stato nominato un amministratore ad hoc, che l’associazione che si era costituita parte civile è stata considerata priva dei presupposti per stare in giudizio. Invocano anche l’art. 3, per contestare l’attacco alla loro integrità fisica, visto che sono state sterilizzate senza consenso; l’art 8 e 12, perché non è stato rispettato il diritto alla loro vita privata ed è stata impedita la formazione di una famiglia e infine l’art. 14 per contestare la discriminazione subita in quanto persone con disabilità. Nell’agosto del 2011 il caso Bauer è approdato alla Corte europea dei Diritti umani e ma ci vorranno alcuni anni per conoscere la pronuncia. Violenza sulle donne disabili: ci sono numeri per riuscire a inquadrare le dimensioni del fenomeno?
Le cifre sono poco attendibili, considerato che molte violenze rimangono sotto silenzio. Tuttavia, si stima che, a livello europeo, circa il 40% delle donne con disabilità subisca una qualche forma di violenza. Sono 80 milioni le persone con disabilità in Europa, di cui circa la metà donne: circa il 16% delle donne europee è disabile.
Quali tipi di violenze e abusi sono più frequentemente subiti da donne disabili?
La violenza più aberrante è quella sessuale, ma la violazione più diffusa è quella dei diritti umani: diritto alle cure sanitarie (specialmente quelle di diagnostica preventiva), diritto alla formazione, al lavoro, alla sessualità etc.
Sterilizzazioni forzate: vietate dalla legge, ma di fatto ancora praticate. Ci sono cifre sul fenomeno?
Sì, le sterilizzazioni senza consenso sono ancora praticate nel mondo ma non sono in grado di quantificare. Sappiamo però che in Italia, dal 1985 al 1998, si sono praticate circa 6.000 sterilizzazioni forzate negli ospedali psichiatrici.
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LA PENA DI MORTE UCCIDE ANCORA: 676 ESECUZIONI NEL 2011
(Rassegna.it) Il rapporto dell’organizzazione: diminuiscono i paesi boia, ma cresce il numero delle sentenze di morte. In aumento in Medio Oriente, sopratutto in Iran, dove molte esecuzioni restano segrete. Gli Usa restano l’unico stato del G8 ad uccidere per legge. La mano del boia è sempre armata. La pena di morte, anche se limitata ad un numero ristretto di paesi, continua a mietere il suo triste raccolto. Sono almeno 676 le persone giustiziate nel 2011. E’ quanto denuncia oggi Amnesty International nel suo rapporto annuale, in cui sottolinea come i paesi che hanno eseguito le condanne lo hanno fatto a un livello allarmante, a fronte di un calo di oltre un terzo, rispetto a 10 anni fa, dei paesi che ricorrono ancora alla pena capitale. L’anno scorso, infatti, solo il 10% dei Paesi, 20 su 198, hanno eseguito condanne a morte. Ma il numero dei caduti resta molto alto. E tra i paesi assassini spiccano ancora una volta gli Stati Uniti. Sentenze capitali sono state emesse o eseguite per tutta una serie di reati, tra cui adulterio e sodomia in Iran, blasfemia in Pakistan, stregoneria in Arabia Saudita, traffico di resti umani nella Repubblica del Congo e in oltre 10 paesi per reati di droga. I metodi d’esecuzione hanno compreso la decapitazione, l’impiccagione, l’iniezione letale e la fucilazione. Alla fine del 2011, erano almeno 18.750 i prigionieri in attesa dell’esecuzione. I dati diffusi non includono, però, le migliaia di esecuzioni che Amnesty ritiene abbiano avuto luogo in Cina, dove queste informazioni non sono rese pubbliche. I dati non tengono neanche conto della probabile effettiva dimensione della pena di morte in Iran, dove secondo Amnesty International un significativo numero di esecuzioni non è stato reso noto ufficialmente. Amnesty ha rinnovato la sua richiesta alle autorità cinesi di pubblicare i dati relativi alle condanne a morte e alle esecuzioni, per poter accertare se sia vero quanto affermato, ossia che una serie di modifiche alle leggi e alle procedure ha ridotto significativamente, negli ultimi quattro anni, l’uso della pena di morte. “La vasta maggioranza dei paesi ha deciso di non usare più la pena di morte. Il nostro messaggio ai leader di quella isolata minoranza di paesi che continua a ricorrervi è chiaro: non siete al passo col resto del mondo su questo argomento ed è tempo che prendiate iniziative per porre fine alla più crudele, disumana e degradante delle punizioni”, ha dichiarato Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty.
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IL RISCHIO DI DEPRESSIONE SALE DELL’80% PER CHI VIVE SOLO
(Sanità News)Vivere da soli potrebbe essere un fattore di rischio per la salute mentale, anche in persone in eta’ lavorativa. Secondo lo studio finlandese del Finnish Institute of Occupational Health, pubblicato sulla BioMed Central, la possibilità di ammalarsi di depressione aumenta dell’ 80% nei soggetti che vivono da soli rispetto a chi ha preferito la vita famigliare o con altre persone. “Perche’ – suggerisce la ricerca – nel periodo di ‘follow up ‘ dello studio hanno acquistato l’80% in piu’ di farmaci anti depressivi rispetto a chi convive con altre persone”. Tra i fattori principali evidenziati dagli autori ci possono essere “le condizioni abitative disagiate per le donne e la mancanza di sostegno sociale per gli uomini. Ma entrambi i sessi sono colpiti in ugual modo”. Secondo i ricercatori vivere con altre persone, che sono in grado di offrire un sostegno emotivo e un maggiore coinvolgimento sociale, ad esempio confidandosi o aiutandosi a vicenda, protegge contro i problemi di salute mentale. Mentre – precisa il lavoro – scegliere l’indipendenza, la discrezione e quindi anche l’isolamento domestico, potrebbe far perdere in alcuni soggetti la fiducia in se stessi e acuire fenomeni come la depressione e l’ansia. Lo studio ha monitorato l’uso di anti depressivi in 3.500 finlandesi che hanno partecipato alla ricerca. Persone in eta’ lavorativa: 1.695 uomini e 1.776 donne. Con un eta’ media di 44,6 anni. Dal 2000 al 2008 questi soggetti sono stati seguiti e sottoposti anche ad interviste per valutare le loro abitudini di vita, l’istruzione, il reddito e le condizioni abitative. Ebbene, i ricercatori hanno scoperto “che le persone che vivono sole avevano acquistato l’80% in piu’ di anti depressivi durante gli 8 anni di ‘follow up’, rispetto a chi aveva scelto la vita famiglia o la compagnia di qualcuno dentro casa”.
I BATTERI SI SCAMBIANO INFORMAZIONI PRIMA DI ATTACCARE L’ORGANISMO
(SanitàNews) I batteri prima di dare avvio ad un’infezione hanno dei veri e propri scambi di opinione tra loro. Lo rivela uno studio presentato da José Onuchic del Rice University di Houston al meeting della American Chemical Society. I batteri si scambiano tramite molecole informazioni su eventuali fonti di stress, sulla densita’ della colonia e su cio’ che stanno facendo i ‘vicini’ e in base ai segnali raggiungono un ‘consenso popolare’ che puo’ far decidere di scatenare un’infezione o di ‘nascondersi’ in un biofilm.
“RIVOLUZIONI SPA”, I RETROSCENA DELLA PRIMAVERA ARABA: GLI USA DIETRO LE RIVOLTE 2.0
(Il Fatto Quotidiano) L’inchiesta di Alfredo Macchi, da oggi nelle librerie, svela documenti inediti di centri di addestramento, tra cui una scuola a Belgrado, voluti e finanziati dagli Stati Uniti per “aiutare a superare le censure dei regimi, rimanendo anonimi, e fare attività politica tramite i social network”“Sicuramente queste rivoluzioni sono un passo in avanti sulla strada dei diritti e della democrazia. Ma è ormai abbastanza evidente che dietro ci siano stati gli interessi delle grandi potenze”. Alfredo Macchi esce oggi nelle librerie con Rivoluzioni S.p.A. – Chi ha suggerito la Primavera Araba (Alpinestudio) il primo libro di inchiesta sulle rivoluzioni arabe e i social media, cassa di risonanza delle rivolte maghrebine. Soprattutto per il mondo occidentale.
L’inchiesta nasce quando il giornalista, inviato in Egitto nei 18 giorni di rivolta contro l’ormai ex rais Hosni Mubarak, rimane colpito da ”una strana coincidenza: il simbolo del movimento protagonista della rivolta era lo stesso di un movimento che aveva fatto la rivolta in Serbia nel 2000”. Secondo l’autore, infatti, “gli americani hanno la loro idea su come portare la democrazia. Forse Bush premeva più sul Pentagono. Obama preferisce 2.0. Ma il loro scopo è questo”.
Ipotesi che aprono scenari di interpretazione finora inediti. Spunta il ruolo di una scuola di Belgrado, dove ”almeno uno, se non più attivisti del Movimento del 6 Aprile (della rivolta di piazza Tahrir, ndr), sono andati a studiare tecniche di rivolta non violenta”. Una scuola, spiega Macchi, ”collegata al movimento Otpor serbo” e con ”dietro una serie di finanziamenti da parte di Ong e fondazioni americane”, una ”rete impressionante” di enti ”in realtà finanziati dal Congresso di Washington attraverso istituti in mano a repubblicani o democratici”. Belgrado, però, è solo la punta dell’iceberg. Secondo l’autore infatti attivisti egiziani, tunisini, yemeniti, siriani sono stati negli Usa per l’addestramento.
E documenti ufficiali, pubblicati per la prima volta, svelano l’appartenenza all’Alliance of Youth Movements – organizzazione creata nel 2008 dal Dipartimento di Stato americano e sponsorizzata dalle maggiori aziende americane – del Movimento del 6 Aprile. La parola d’ordine sarebbe ”aiutare a superare le censure dei regimi, rimanendo anonimi, a fare attività politica tramite i social network”. Emerge che gli Usa sostengono i movimenti più laici e legati ai social network mentre le monarchie arabe rispondono supportando quelli religiosi. Perché gli Stati Uniti intendono abbattere i regimi ostili al libero mercato, obiettivo di un disegno geostrategico per l’area mediorientale degli interessi per le risorse petrolifere, che coinvolge Russia e Cina.
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PASSI, DISUGUAGLIANZE SOCIALI E SALUTE
(ISS.it) Abitudine al fumo, sedentarietà e obesità sono più frequenti nelle persone con basso livello di istruzione e che riferiscono di avere molte difficoltà economiche rispetto alle persone con alto livello socioeconomico. La prevalenza di patologie respiratorie croniche e di diabete è più alta nelle persone con titolo di studio basso rispetto a quelle laureate e tra chi riferisce di avere difficoltà economiche rispetto a chi non ne ha. Al contrario l’adesione a programmi di screening per la diagnosi precoce del tumore della mammella o della cervice uterina è maggiore nelle donne con un livello d’istruzione medio-alto e in quelle senza difficoltà economiche percepite. Tra le poche eccezioni, il consumo di alcol: nelle donne il consumo definito a rischio è maggiormente frequente fra le più istruite.
Sono questi alcuni dei risultati dell’indagine effettuata nell’ambito del sistema di sorveglianza PASSI – che verranno illustrati nella seconda giornata del workshop del coordinamento nazionale PASSI del 28 e 29 marzo 2012. Nel corso della giornata sarà presentato il Rapporto Nazionale 2007-2009 interamente dedicato all’analisi delle disuguaglianze sociali in Italia in relazione a stili di vita, fattori di rischio e presenza di malattie croniche, adesione a programmi di screening, percezione dello stato di salute e sintomi depressivi.
Nel triennio 2007-09, sono state intervistate oltre 98.000 persone, estratte con campionamento casuale proporzionale, stratificato per sesso e classi di età, dalle anagrafi sanitarie delle ASL partecipanti, nelle quali vive circa l’85% della popolazione residente in Italia di 18-69 anni. Degli intervistati 94.996 sono di cittadinanza italiana e 3.153 di nazionalità straniera. Per questo rapporto, le analisi sono state eseguite soltanto relativamente agli intervistati con cittadinanza italiana, in quanto il basso numero di stranieri intervistati non avrebbe consentito di ottenere risultati affidabili in questa popolazione.
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COSÌ LA CRISI CI FA IMPAZZIRE
(L’Espresso) Depressione, ansia, alcolismo, psicosi, suicidi: decine di studi dimostrano il rapporto tra la recessione e l’aumento dei disagi psichiatrici. Prepariamoci, perché sarà un’emergenza sociale(28 marzo 2012)Un rapporto della Scuola di Sanità Pubblica di Harvard stima per il 2011-2030 gli effetti delle malattie sulla produzione: quelle mentali saranno responsabili del 35 per cento della perdita di produzione. Combatterle e finanziare la ricerca farebbe risparmiare enormi somme di denaro, oltre che enormi sofferenze. Invece, gli effetti dell’attuale recessione economica sulla salute mentale della popolazione saranno presto molto evidenti.
Basta guardare agli effetti che hanno avuto le crisi passate: aumento dei tassi di suicidio, delle malattie mentali stesse, dei disturbi legati all’uso di alcol e di sostanze. La Banca Mondiale ha stimato che la recessione provocherà un aumento di 30 milioni di disoccupati e che 90 milioni di persone arriveranno a vivere con 1,25 dollari al giorno. E dati europei dimostrano un aumento della disoccupazione dell’1 per cento che si associa a un proporzionale aumento dei suicidi delle persone sotto i 65 anni. La recessione provoca anche un aumento dell’utilizzazione dei servizi di salute mentale, causati da un numero crescente di casi di depressione, di disturbi d’ansia e di abuso di alcol, a loro volta responsabili di un aumento delle violenze domestiche.
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IL PARADISO DELLA DOLCE MORTE È IN SVIZZERA
(Giornalettismo.com) Arrivano i dati dalla Repubblica Elvetica: in molti scelgono l’eutanasia per la depressione. La stragrande maggioranza di chi sceglie l’accesso all’eutanasia in Svizzera lo fa perché malato irrimediabilmente terminale; ma c’è anche un numero importante di soggetti che negli scorsi anni si sono sottoposte alla dolce morte citando motivi di “depressione”.
Pratica in aumento: E’ quanto emerge dallo studio del governo svizzero, paese in cui l’eutanasia è legalizzata addirittura dal 1942, che ha tentato di fare il punto della situazione sull’utilizzo dell’istituto dell’eutanasia. Il Daily Telegraph pubblica qualche risultato. Innanzitutto il dato generale: cinque morti su mille in Svizzera si spegnono assistiti dalle tecniche di eutanasia, con una prevalenza femminile nell’accesso a questa possibilità. “Le autorità svizzere hanno registrato un importante aumento negli anni recenti”, con le 43 operazioni nel 1998 salite fino a 297 nel 2009.
Malati o depressi:“Dati precedenti non sono disponibili”, spiega il media inglese, precisando che queste statistiche riguardano soltanto i cittadini svizzeri; le statistiche raccolte dimostrano che la stragrande maggioranza delle persone che scelgono l’eutanasia sono “over 55″ con solo l’1% dei casi riguardanti under 35 – il che significa, 20 persone in 12 anni. “La maggior parte dei pazienti”, dicevamo, “soffre di malattie terminali, in particolare il cancro. Ma nel periodo di scrutinio ‘almeno 71 persone’ hanno scelto il suicidio assistito per la depressione e 24 soffrivano di cecità”. “I dati dimostrano che la pratica sta diventando accettabile”, scrive il direttore della prima realtà svizzera che fornisce suicidi assistiti, la Exit; il paese ha addirittura rinunciato a modificare in senso restrittivo la legislazione perché “avrebbe limitato la libertà delle persone”.
PIÙ MORTI DA DEPRESSIONE CHE RADIAZIONI
(Il Secolo XIX) Fukushima, dentro il cadavere del mostro Fukushima un anno dopo. L’incidente nucleare di Fukushima farà più vittime per attacchi di cuore e depressione che a causa delle radiazioni, che tutto sommato sono rimaste a un livello molto basso. Lo affermano alcuni esperti statunitensi intervistati da Scientific American in occasione del primo anniversario del disastro, avvenuto l’11 marzo dello scorso anno.
«In termini di impatto sulla salute la radiazione è trascurabile, causerà pochissime, se non nessuna morte – spiega Richard Garfield della Columbia University – ma questo non vuol dire che l’incidente non abbia grosse ricadute sulla salute. Gli effetti indiretti sono grandi».
Secondo gli esperti l’impatto sarà molto minore rispetto all’incidente di Chernobyl, l’unico altro classificato a livello 7 della scala Ines: «Non è minimamente complesso come il rilascio di radiazioni avvenuto a Chernobyl, dove il reattore ha espulso di tutto nell’aria – spiega Peter Caracappa del Rensselaer Polytechnic Institute – in questo caso il rilascio è stato lento e limitato a pochi materiali radioattivi con un tempo di vita relativamente breve e facili da individuare».
Le autorità nipponiche hanno comunque iniziato uno studio sugli effetti delle radiazioni che coinvolgerà 360 mila bambini e durerà 20 anni: «La salute mentale però è la preoccupazione più significativa – spiega Seiji Yasumura, un gerontologo della Fukushima Medical University – stress come quelli causati dall’evacuazione, incertezza e preoccupazioni su possibili sostanze tossiche invisibili sono legati a un rischio aumentato di problemi fisici come le malattie cardiache. Anche se il rischio da radiazioni è basso le persone sono preoccupate, e questo può portare anche a cambiamenti verso stili di vita poco salutari. Il tutto è peggiorato dallo stoicismo innato nella filosofia giapponese, per cui chi ha qualche problema potrebbe essere reticente nel manifestarlo a un medico».
Leggi l’articolo completo: http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2012/03/05/AP45Dr1B-radiazioni_morti_depressione.shtml#axzz1oQ6t1M7t
POVERI NONNI, LA CRISI LI METTE IN GINOCCHIO
(Rassegna.it) L’Auser ha presentato la seconda indagine nazionale sulla condizione degli anziani. Stanno sempre peggio, il loro reddito da pensione si è ridotto del 30% negli ultimi anni e ora la manovra “Salva Italia” costerà altri 900 euro a famiglia. Si dice spesso che i giovani sono i più colpiti dalla crisi, ma anche gli anziani non se la passano meglio. Le manovre effettuate dai governi negli ultimi due anni, insieme all’erosione costante del potere di acquisto determinata dalla crisi, hanno pesato sulle fasce d’età anziane peggiorandone le condizioni di vita e facendo crescere i fenomeni di esclusione sociale. E’ quanto emerge dalla seconda Indagine nazionale sulla condizione sociale degli anziani, presentata ieri a Roma dall’Auser.
“Gli anziani, insieme alle donne ed ai giovani – ha detto il presidente dell’associazione, Michele Mangano – sono fra le categorie di cittadini che più di altri stanno soffrendo gli effetti della crisi e delle manovre economiche. Il potere d’acquisto delle loro pensioni si è ridotto del 30% negli ultimi anni, con la conseguenza di una drastica riduzione dei consumi, difficoltà se non impossibilità ad affrontare le spese impreviste e tante rinunce purtroppo spesso legate alla tutela della propria salute ed alla prevenzione”. Mangano, ha poi sottolineato la totale scomparsa dal vocabolario pubblico della parola “equità” e ha chiesto al Governo “di non puntare solo sulla social Card e di dare maggior peso alla questione sociale. Le risorse si possono trovare, soprattutto dalla lotta alla corruzione e all’evasione fiscale”.
UN PESO DI 3.000 EURO L’ANNO – Una volta che la manovra “Salva Italia” sarà a regime, le ricadute saranno pari a 887 euro annui a famiglia, cifra che Auser ricava da aumenti Iva (270 euro), taglio agli enti locali (163 euro), Imu prima casa (360), accise benzina (120), bollo deposito fino a 50mila euro (47), addizionale regionale (90). A ciò bisogna aggiungere la cifra già prodotta dalle precedenti manovre, che porta il totale a 3.002 euro annui a famiglia. Senza contare, poi, l’aumento da gennaio scorso delle tariffe di luce (+4,8%) e gas (+2,7%), il mancato adeguamento di indicizzazione delle pensioni superiori a 1.402 euro e l’aumento dell’età pensionabile.
RIDOTTI I SERVIZI COMUNALI – Nel periodo ottobre 2011 – gennaio 2012, in base alla rilevazione dell’Auser sui bandi comunali per l’affidamento di servizi sociali, si registra una riduzione del 28% del numero delle proposte di bando dedicate ai servizi per gli anziani. Le liste di attesa regionali per gli interventi domiciliari sono inoltre in crescita in tutte le Regioni e soprattutto in Calabria, Campania, Lazio, Piemonte.
PIU’ SPESE PER CASA E ENERGIA,MENO PER CIBO E SANITA’ – Negli ultimi 8 anni la spesa media mensile è cresciuta di 284 euro, ma questi soldi sono serviti a pagare la casa, l’energia e i trasporti. Al contrario, l’anziano che vive solo ha diminuito le spese per mangiare (-1,7%), vestirsi (-0,8%) e curarsi (-0,6%). E nel 2012 le cose non andranno meglio.
INCREMENTO DI VENDITE DELLA NUDA PROPRIETA’ – Nel 2011 il numero delle offerte di vendita della nuda proprietà è cresciuto del 13%, a fronte di una diminuzione del prezzo di partenza, segno che l’offerta ha superato la domanda. Gli anziani hanno bisogno di liquidità, per se stessi ma spesso anche per aiutare i figli o nipoti a comprare casa.
REDDITI RISICATI – I pensionati poveri sono 2,3 milioni (Istat 2010), e per il 27,3% di essi la pensione non arriva a mille euro. Il 5,5% degli anziani è in condizioni di povertà assoluta, +0,2% rispetto all’anno precedente.
MANGIANO POCO E MALE – Più di 400 calorie giornaliere mancano all’appello e aumenta il rischio di ricovero, a la causa è in primo luogo la crisi economica. Sono i risultati di un’indagine realizzata nel 2011 dal Cnr di Padova, da cui emerge chiaramente che gli over 65 italiani mangiano troppo poco e soprattutto male. In particolare carne e pesce mancano all’appello dei consumi alimentari.
http://www.rassegna.it/articoli/2012/02/23/83909/poveri-nonni-la-crisi-li-mette-in-ginocchio
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