RASSEGNA STAMPA DEL 20 APRILE 2012

Bellezza: botox sconfigge depressione. Una App per sognare quello che ti pare. Bambini: a 8 anni possibile prevedere futuri disagi psichiatrici. Depressione: nuovo test del sangue per diagnosi in adolescenti. La diversità in tv? l’Italia non è pronta. Chi sente le voci non è malato. Almeno cinque milioni di italiani soffrono di fobie.

 
 

BELLEZZA: RICERCA TEDESCA GARANTISCE, BOTOX SCONFIGGE DEPRESSIONE.

(Asca) Il botox? Puo’ curare anche la depressione. E’ quanto emerge da uno studio ancora in corso condotto da un team di ricercatori delle Universita’ di Hannover e Basilea e anticipato dall’autorevole quotidiano Die Welt, secondo il quale il 60% dei pazienti coinvolti nell’esperimento, ha ridotto con un’iniezione di botox nella fronte i sintomi depressivi. Il farmaco, eliminando l’aggrottamento delle sopracciglia, interromperebbe i segnali che indicano al cervello uno stato di stress in corso. In pratica, sarebbero le espressioni corrucciate del volto una delle possibili cause dell’insorgere della depressione. La ricerca dura complessivamente 16 settimane e viene condotta su un campione di 30 persone che da tempo soffrono di depressione e sulle quali farmaci ad hoc non hanno avuto effetto. Alla meta’ dei partecipanti e’ stato iniettato botox nella fronte e all’altra meta’ una dose di placebo. I risultati alla sesta settimana hanno dimostrato che chi ha ricevuto il botox ha migliorato il suo stato di benessere. Alla fine dello studio, le conclusioni saranno pubblicate sulla rivista di settore Journal of Psychiatric Research. ”Il trattamento non prevede particolari effetti collaterali, e’ sicuro ed economico, dal momento che l’effetto di un’iniezione dura diversi mesi – come conferma Tillmann Kruger, della clinica MHH di psichiatria, psichiatria sociale e psicoterapia di Hannover -.Naturalmente, prima che venga diffuso come rimedio per la depressione, bisogna chiarire a quali condizioni si puo’ utilizzare il botox”. Scienziati americani, due anni fa, avevano scoperto che pazienti ai quali era stato iniettato botox tardavano a manifestare stati di rabbia, paura o tristezza, principalmente perche’ non riuscivano ad aggrottare la fronte. ”Che la botox terapia possa diventare un nuovo componente nel trattamento della depressione e’ confermato anche da uno studio su 1.600 donne norvegesi durato oltre dieci anni – spiega Alberto Capone, specialista in chirurgia plastica e primario di Chirurgia Plastica presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Salerno-. I ricercatori sarebbero cosi’ giunti alla conclusione che ansia e depressione sono dei buoni fattori per predire se una donna, in futuro, decidera’ di sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica”. ”Il botox – precisa – e’ uno degli interventi estetici piu’ comuni perche’ poco invasivo e semplice da realizzare.Grazie a questa tecnica, si puo’ migliorare la gestione dei muscoli facciali, che appaiono cosi’ piu’ rilassati e distesi. E’ sempre necessario testare scientificamente ogni innovazione, prima di validarla – conclude ilprimario -, ma trovo che dalla ricerca tedesca arrivino spunti interessanti. Piu’ in generale, riscontriamo di frequente un miglioramento dello stato emotivo e psico-fisico dei nostri pazienti che si sottopongono ad interventi di chirurgia plastica, conquistando maggiore autostima e autocontrollo”.

http://salute.asca.it/internoCopertina-Salute-Bellezza__Ricerca_tedesca_garantisce__botox_sconfigge_depressione-1145712-1.html

 
 

BAMBINI: A 8 ANNI POSSIBILE PREVEDERE FUTURI DISAGI PSICHIATRICI. EMERGE DA UNA RICERCA CONDOTTA DALL’UNIVERSITÀ DI HELSINKI.

(Il Capoluogo.it) Prevedere nei bambini la probabilità di un trattamento psichiatrico in età adulta. Secondo uno studio dell’Università di Helsink è possibile, attraverso un’indagine sulla salute mentale dei bimbi all’età di 8 anni. Alcuni comportamenti infantili sarebbero infatti sintomatici della possibile necessità, durante l’adolescenza o l’età adulta, di sottoporsi a trattamenti psichiatrici. Nella ricerca di David Gyllenberg è stato esaminato il benessere psichico di circa 6mila bambini finlandesi attraverso un’indagine condotta nel 1989; di questi stessi soggetti è stato poi seguito l’eventuale uso di farmaci psicotropi e il ricovero in ospedali psichiatrici nell’età dai 12 ai 25 anni. Entrambi questi elementi – psicofarmaci e ricoveri – erano legati a sintomi già riportati a 8 anni. Un’avvisaglia di depressione a quell’età, per esempio, era connessa a successivi trattamenti per depressione, sia nei maschi sia nelle femmine, mentre un background familiare non sano era associato a una serie di cure psichiatriche negli adolescenti e nei giovani adulti di entrambi i sessi. Non tutti i valori predittivi, però, sono uguali nei maschi e nelle femmine: i primi mostravano sintomi diretti verso l’ambiente (aggressività, bullismo, furto), le seconde li rivolgevano su se stesse (depressione e ansia). «Se gli sviluppi della ricerca supporteranno i risultati di questa tesi e la salute mentale rientrerà tra i check up scolastici – ha detto Gyllenberg – bisognerà tenere conto delle differenze di genere. In ogni caso, per prevenire disordini mentali gravi, dovremmo essere in grado di identificarli in tempo».

 
 

DEPRESSIONE: NUOVO TEST DEL SANGUE PER DIAGNOSI IN ADOLESCENTI

(Agi) Gli esami del sangue sono stati a lungo lo standard per la diagnosi di malattie come la mononucleosi e il diabete. Ora un team di ricercatori statunitensi ha sviluppato un test del sangue in grado di diagnosticare la depressione negli adolescenti, un passo in avanti che gli studiosi sperano porti ad aumentare le possibilita’ di fronteggiare meglio e prima la patologia nei giovani. “Gli adolescenti sono straordinariamente vulnerabili alla depressione”, ha detto Eva Redei, autrice dello studio pubblicato su Translational Psychiatry e docente di Psichiatria e Medicina Comportamentale alla Northwestern Feinberg School of Medicine di Chicago. “Adesso abbiamo a disposizione un test che cerca i marcatori nel sangue del disturbo depressivo maggiore negli anni dell’adolescenza”, ha aggiunto. La rivoluzionaria analisi si basa sui dati raccolti in laboratorio analizzando i topi con predisposizioni genetiche e ambientali alla depressione. I ricercatori sono stati in grado di individuare 26 indicatori di depressione maggiore. I marcatori sono stati ricercati nel sangue di 28 adolescenti di eta’ dai 15 ai 19 anni, meta’ ammalati di depressione e meta’ perfettamente sani. “Abbiamo trovato 11 dei 26 marcatori nel sangue dei ragazzi depressi che non erano presenti nelle analisi dei coetanei in salute”, hanno concluso i ricercatori.

 
 

UNA APP PER SOGNARE QUELLO CHE TI PARE (O QUASI)

(Focus.it)Una nuova applicazione per smartphone promette sogni da catalogo per pochi centesimi di euro. Un’economica alternativa alle ferie o una inaccetabile intromissione tecnologica nei nostri cervelli? Vuoi un sogno da paura? Ordinalo con la app. Cosa volete sognare stanotte? Una rilassante passeggiata nel bosco? Una bagno nelle acque della vostra isola preferita? O qualcosa di più arenalinico? Per esempio la rocambolesca fuga da un misterioso aggressore o un lancio in caduta libera da un elicottero… Sogni a portata di touch. È ciò che promette Dream:on, una applicazione per smartphone recentemente pubblicata e che, secondo i suoi ideatori, sarebbe in grado di influenzare la fase REM del sonno di chi la utilizza, aiutandolo a sognare ciò che preferisce. Sviluppata da Richard Wiseman, psicologo dell’Università di Hertfordshire, funziona in modo piuttosto semplice. Dopo averla installata si sceglie il proprio tipo di sogno — al momento ne sono disponibili una ventina al costo di € 0,79 l’uno — e si appoggia il telefonino in un angolo del letto, vicino alla propria testa. Da quel momento l’applicazione inizierà a monitorare il sonno dell’utilizzatore attraverso i sensori di movimento dello smartphone: quando rileverà l’inizio della fase REM, farà partire un file audio associato al sogno scelto. E proprio questa combinazione di suoni dovrebbe stimolare il cervello del dormiente a produrre un sogno della tipologia richiesta.

http://www.focus.it/scienza/psicologia/una-app-per-sognare-quello-che-ti-pare-o-quasi_12042012_33212_C12.aspx

 
 

LA DIVERSITÀ IN TV? L’ITALIA NON È PRONTA. LA DOCENTE: LA PAROLA CHIAVE DOVREBBE ESSERE NORMALIZZAZIONE.

(Dire – Notiziario Minori) La tv italiana non e’ pronta ad affrontare il tabu’ della diversita’. Lo dice Giovanna Cosenza, docente di Semiotica all’Universita’ di Bologna e esperta di nuovi media e comunicazione. “Le pubblicita’ che ci vengono presentate a ripetizione ogni giorno seguono sempre i soliti modelli idealizzati e idealizzanti, che non hanno niente a che fare con la realta’- dice Cosenza- E’ chiaro che la pubblicita’ ha una sua estetica, ed e’ giusto che ce l’abbia, ma non mi dispiacerebbe che la diversita’ entrasse in gioco in tutte le sue forme, dal colore della pelle a quello degli occhi, fino alla disabilita’, insomma che la parola d’ordine fosse ‘normalizzazione'”. Il caso, pero’, secondo la docente e’ quasi tutto italiano, visto che all’estero da anni hanno imparato a dare spazio alla diversita’. “Tuttavia, anche se la strada e’ ancora lunga e in salita – continua – alcuni esempi di buona volonta’ ci sono”. Come gli spot con persone Down nella giornata mondiale a loro dedicata. “Ma perche’ farlo solo in quella giornata?” si domanda Cosenza. Lo scorso 21 marzo, in occasione della giornata mondiale sulla sindrome di Down, alcuni famosi marchi italiani e non (Averna, CartaSi, Illy, Pampers, Carrefour, Enel e Toyota) hanno mandato in onda le loro pubblicita’ in una versione alternativa, sostituendo cioe’ ai protagonisti persone con sindrome di Down, di tutte le eta’. L’iniziativa e’ stata promossa dal Coordinamento nazionale delle associazioni CoorDown, in collaborazione con altri partner. “L’obiettivo di mostrare le persone con sindrome di Down come tutti, a tal punto da poter stare in uno spot o in un’affissione senza che si noti la differenza mi sembra sia stato raggiunto – commenta Giovanna Cosenza – Apprezzabile anche il fatto che gli attori per un giorno siano stati truccati e abbelliti proprio come avviene per qualsiasi altro attore, famoso o meno”. Ma anche qui si poteva fare di piu’. “Perche’ confinare l’iniziativa solo a un giorno? Anche con le migliori intenzioni, se si mette la diversita’ sotto un occhio di bue si rischia la ghettizzazione- dice Cosenza- Ancora una volta la parola d’ordine e’ normalizzazione”. Ma la tv e’ il mezzo giusto per veicolare una buona comunicazione su diversita’ e disabilita’? “L’Italia e’ un Paese televisivo, e la tv e’ ancora il mezzo trainante per raggiungere le masse, quindi e’ giusta la decisione di utilizzare questo medium, ma anche in televisione bisogna proporre materiali seri e ragionati, perche’ i rischi di spettacolarizzazione e strumentalizzazione sono sempre dietro l’angolo – conclude Cosenza – Internet e’ ancora troppo debole, soprattutto per alcune fasce d’eta’, e, ancor piu’ della tv, bisogna saperlo usare”. (www.redattoresociale.it) (Wel/ Dire)

http://www.direnews.it/newsletter_minori/anno/2012/aprile/10/?news=12

 
 

SVOLTA NELLA SCIENZA, CHI SENTE LE VOCI NON È MALATO

(Affari Italiani) Chi “sente le voci” non è necessariamente un soggetto malato. Il nuovo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali parla chiaro: avere allucinazioni uditive è del tutto normale per gli uomini. Il decano di psicologia clinica italiana, ordinario di psicologia a Padova e autore di numerosi testi sull’argomento Alessandro Salvini commenta con Affari: “La psichiatria ha sempre stigmatizzato questi fenomeni, considerandoli sintomo di psicosi. Da oggi invece, con il nuovo Dsm, non sarà più così: le allucinazioni uditive, le cosiddette voci, sono presenti, secondo i dati che la psichiatria accetta e fornisce su un range di popolazione normale che va dall’8 al 15%”. Leggi tutto: http://affaritaliani.libero.it/culturaspettacoli/svolta-nella-scienza-chi-sente-le-voci-non-malato.html?refresh_ce

 
 
ALMENO CINQUE MILIONI DI ITALIANI SOFFRONO DI FOBIE

(Avvenire.it) ”Sono almeno 5 milioni gli italiani che soffrono di fobie, cioe’ una paura che si esprime in forma patologica”. ”La paura e’ una delle emozioni piu’ importanti per aiutarci a difendere la nostra vita e quella dei nostri cari da pericoli – spiega Giampaolo Perna, psichiatra e primario della clinica Villa S. Benedetto Menni di Albese con Cassano (Como)- Ci permette di reagire e scegliere se affrontare la situazione, fuggire o non fare nulla, rimanendo immobili. Non avere paura ci espone a pericoli e rischi che possono costarci la vita”. Quando pero’ la reazione di paura e’ esagerata rispetto al pericolo, ecco che diventa nemica e patologica, quindi una vera e propria fobia: ”avere paura di fronte a un leone fuggito dallo zoo e’ normale – precisa – fuggire terrorizzati di fronte a un barboncino no”. Le fobie sono numerosissime. Tra le piu’ comuni ci sono quelle degli animali (insetti, ragni, felini), la claustrofobia (luoghi chiusi), l’agorafobia (spazi aperti), la fobia delle altezze e del buio, la fobia dei temporali, la fobia del sangue e del vomito. ”Il piu’ colpito e’ il sesso femminile – conclude Perna – Si puo’ curare la fobia sia con la psicoterapia cognitivo-comportamentale, che con farmaci che modulano la serotonina, utili soprattutto in quei casi dove le fobie nascono dagli attacchi di panico. Attualmente sono in fase di sviluppo terapie farmacologiche, che unite alla terapia cognitivo-comportamentale, ne potenziano l’efficacia e consentono di superare il disturbo in tempi del 30-40% piu’ veloci”.

Leggi tutto: http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/psichiatria-italiani-fobia.aspx

 


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