I bimbi esposti a violenza invecchiano prima: è scritto nel Dna. Impulsività e uso di droghe: legame a doppio filo. Crisi rovina la salute: italiani sempre più grassi e depressi. Crisi: boom del consumo di pasta, come nel dopoguerra. Cinque milioni senza lavoro: Istat, record di scoraggiati.
(Foto: Steve Mc. Curry)
I BIMBI ESPOSTI A VIOLENZA INVECCHIANO PRIMA: È SCRITTO NEL DNA. I RISULTATI DI UNA RICERCA PUBBLICATA SU PSICHIATRIA MOLECOLARE
(TMNews) I bambini che hanno esperienze di violenza invecchiano prima. Se fino a qualche tempo fa questa affermazione era una triste constatazione, oggi è anche un fenomeno scientifico: la violenza fa invecchiare prima, è scritto nel Dna. Secondo uno studio statunitense pubblicato dalla rivista Psichiatria Molecolare e riportato su Usa Today, le sequenze del Dna dei bambini che hanno avuto esperienze di violenza si modificano in modo da portare i bimbi ad incrementare i rischi di malattie solitamente associate all’invecchiamento.I ricercatori, in particolare, hanno messo in evidenza il rischio di infarto anticipato dai 7 ai 10 anni rispetto la media segnata invece dai bambini dall’infazia serena. Lo studio si è soffermato su bambini che hanno sofferto tre tipologie di violenza: bullismo, maltrattamenti in famiglia, e maltrattamenti subiti dalla madre e ai quali hanno assitito.
SALUTE. IMPULSIVITÀ E USO DI DROGHE: LEGAME A DOPPIO FILO. STUDIO DI UN TEAM DI PSICOLOGI DELL’UNIVERSITÀ DELLA CALIFORNIA.
(DIRE – Notiziario Sanita’) L’impulsivita’, ossia un’azione improvvisa e senza pianificazione per soddisfare un desiderio immediato, e’ un meccanismo comune a diverse forme di dipendenza. Puo’ essere esaminata considerando costrutti diversi tra cui le decisioni a rischio, l’inibizione della risposta e il rimandare la ricompensa. L’impulsivita’ associata a questi costrutti svolge un ruolo importante nell’iniziare ad usare droga e nel continuare l’uso nonostante le conseguenze negative. Un team di psicologi dell’Universita’ della California ha esaminato il ruolo dell’impulsivita’ nell’influenzare il consumo di alcol e tabacco, che spesso vengono utilizzati in maniera combinata. Questo studio e’ pioneristico nell’ambito della ricerca sull’impulsivita’ e l’uso di droghe e impiega test comportamentali per misurare il processo decisionale a rischio, l’inibizione della risposta e il ritardo della ricompensa. I partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi, forti bevitori, fumatori, fumatori e forti bevitori, e sono stati sottoposti a questionari, interviste e compiti neurocognitivi. Confrontando gli effetti singoli e combinati dell’uso di alcol e tabacco nei diversi costrutti dell’impulsivita’, l’analisi ha rilevato un significativo effetto additivo delle due sostanze sulla capacita’ di ritardare la ricompensa. In particolare, l’effetto additivo non e’ stato osservato per premi di medie e grandi dimensioni, ma solo per premi di piccole dimensioni. Questo risultato da’ sostegno all’ipotesi per cui la difficolta’ nel ritardare la ricompensa potrebbe rappresentare un fattore predittivo del futuro uso di sostanze. Cio’ e’ coerente con studi precedenti secondo cui una maggiore difficolta’ nel rimandare la ricompensa agirebbe come fattore di rischio predisponente all’uso di alcol e nicotina. (Fonte: www.droganews.it).
SALUTE. CRISI LA ROVINA, ITALIANI SEMPRE PIÙ GRASSI E DEPRESSI. E LA CRISI SPAZZA VIA LA DIETA MEDITERRANEA.
(DIRE – Notiziario Sanita’) Italiani sempre piu’ vecchi, grassi, meno fecondi (le donne fanno meno figli) e, di conseguenza, depressi. È il quadro a tinte fosche sulla salute del paese emerso stamattina alla presentazione del rapporto Osservasalute 2011 a Roma all’Universita’ Cattolica. Il Rapporto e’ pubblicato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane che ha sede presso la Cattolica ed e’ coordinato dal professor Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di igiene della facolta’ di Medicina e Chirurgia. Ben 175 esperti hanno messo insieme i dati.
ITALIANI SEMPRE PIÙ GRASSI – Continua a crescere la percentuale di popolazione che ha problemi con la bilancia: nel 2010, oltre un terzo di quella adulta (35,6%) e’ in sovrappeso, mentre 1 persona su 10 e’ obesa (10,3%). Confermato il gradiente Nord-Sud: le regioni meridionali presentano piu’ persone in sovrappeso (Molise 41,8%, Basilicata 41%) ed obese (Basilicata 12,7%, Puglia 12,3%). Gli uomini sono piu’ grassi: e’ in sovrappeso il 44,3% di loro rispetto al 27,6% delle donne ed obeso l’11,1% degli uomini contro il 9,6% delle donne. In Italia, nel periodo 2001-2010, e’ aumentata sia la percentuale di quanti sono in sovrappeso (33,9% vs 35,6%), sia quella degli obesi (8,5% vs 10,3%). Circa 40.000 ricoveri sono attribuiti ogni anno all’obesita’ e ai disturbi da iperalimentazione come diagnosi principale.Preoccupanti i dati sui bambini in sovrappeso o obesi: la prevalenza e’ pari, rispettivamente, al 23% e all’11% dei piccoli da 6 a 17 anni.
DIETA MEDITERRANEA IN CRISI – La crisi mette in difficolta’ la dieta mediterranea: fa impennare i prezzi di frutta e verdura. Per la prima volta dal 2005, si registra un calo del numero di porzioni consumate/giorno (4,8% vs 5,7%, dato che era rimasto grosso modo stabile fino al 2008). LA DEPRESSIONE AVANZA – La crisi genera anche malumore che spesso sfocia in depressione: l’uso di antidepressivi in Italia e’ cresciuto di oltre 4 volte in una decade (il consumo e’ passato da 8,18 dosi giornaliere per 1000 abitanti nel 2000 a 35,72 nel 2010). Anche quest’anno prosegue il trend di aumento che interessa, indistintamente, tutte le regioni e dura dal primo anno della rilevazione (2000). Le regioni del Centro-Nord, in particolare Toscana e Liguria, risultano avere consumi nettamente superiori rispetto a quelle del Sud. L’unica eccezione a questo quadro e’ rappresentata dalla Sardegna, i cui consumi si avvicinano a quelli delle regioni del Nord. C’e’ anche una notevoleácrescita della percentuale di soggetti che hanno ritenuto nell’anno di avere necessita’ di aiuto psichiatrico e/o psicologico: la richiesta di aiuto e’ aumentata del 10% negli ultimi 5 anni (studio Eurobarometer), soprattutto tra gli over-40, lavoratori manuali e disoccupati. Per quanto, poi, l’Italia si collochi tra i Paesi europei a minore rischio di suicidio, ed il tasso di mortalita’ per suicidio si sia ridotto nel tempo a partire dagli anni ’80, rispetto al minimo raggiunto nel 2006 (3.607 casi) nell’ultimo anno preso in considerazione in questa edizione del Rapporto si evidenzia una ripresa (3.799 casi). ALCOL E FUMO, LA BATTAGLIA CONTINUA – In Italia “siamo ben lontani dalla vittoria nella lotta all’alcol”. La prevalenza dei consumatori a rischio e’ pari al 25% degli uomini e al 7,3% delle donne, senza differenze significative rispetto alla precedente rilevazione (nel 2008, il 25,4% degli uomini e il 7% delle donne). E nonostante le campagne anti-tabagismo, nel nostro Paese fuma ancora una persona su 4, per lopiu’ giovani di 25-34 anni. MALATTIE CARDIOVASCOLARI KILLER – In Italia, la mortalita’ per malattie ischemiche del cuore (in primis infarto e angina pectoris) rappresenta ancora la maggiore causa di morte (circa il 13% della mortalita’ generale ed il 33% del complesso delle malattie del sistema circolatorio), cosi come rappresenta una delle maggiori cause di morte in quasi tutti i Paesi industrializzati.
FECONDITA’ IN STALLO – Scompare quella sia pur flebile speranza di crescita riscontrata nelle precedenti edizioni del Rapporto: il tasso di fecondita’ totale (Tft) e’ passato, infatti, da 1,42 del 2008 a 1,41 del 2009 e le prime stime sul 2010 sembrano confermare questo trend. ITALIA DAI CAPELLI GRIGI – l’Italia e’ sempre piu’ vecchia e il futuro non promette inversioni di rotta: anche il Rapporto 2011 mostra la tendenza. Nel 2010 la popolazione in eta’ 65-74 anni rappresenta il 10,3% del totale, e quella dai 75 anni in su il 10%. Si confermano regione piu’ vecchia la Liguria (gli anziani di 65-74 anni sono il 13% della popolazione; gli over-75 il 13,9%), regione piu’ giovane la Campania (65-74 anni sono l’8,3% della popolazione; over-75 il 7,6%).
CRISI: BOOM DEL CONSUMO DI PASTA, COME NEL DOPOGUERRA
(Rassegna.it) Presente tutti i giorni nel piatto di 10 milioni di italiani, all’inizio del 2012 ha registrato un aumento nelle vendite del 4,7%. Emerge da un’analisi di Coldiretti, Legacoop Agroalimentare e Coop. Il nostro paese resta leader anche nella produzione. In tempi di crisi le famiglie italiane risparmiano anche a tavola. E la pasta, alimento tra i più economici, torna regina della tavola, come negli anni del dopoguerra. Presente tutti i giorni nel piatto di 10 milioni di italiani, la pasta nei primi mesi del 2012 ha registrato un aumento nelle vendite del 4,7 per cento sul 2011. Emerge da un’analisi di Coldiretti, Legacoop Agroalimentare e Coop.
Gli italiani sono i maggiori consumatori mondiali con circa 26 chili per persona nell’ultimo anno, quantità tre volte superiore a quella consumata da uno statunitense, da un greco o da un francese, cinque volte a quella mangiata da un tedesco o uno spagnolo e sedici volte da un giapponese.
L’Italia è leader anche nella produzione con 3,2 milioni di tonnellate superiore a quella di Stati Uniti (2 milioni), Brasile (1,3) e Russia (858mila tonnellate). In altre parole è un piatto di pasta su quattro consumato nel mondo è fatto nel nostro paese. L’anno scorso sono aumentate dell’8 per cento le esportazioni in valore di pasta italiana nel mondo, ma un aumento record del 60 per cento si è verificato in Cina, dove comunque la domanda resta contenuta.
http://www.rassegna.it/articoli/2012/04/20/86440/crisi-boom-del-consumo-di-pasta-come-nel-dopoguerra
CINQUE MILIONI SENZA LAVORO. L’ISTAT: RECORD DI SCORAGGIATI
(Lastampa.it) In quasi tutti i paesi dell’Unione europea, le donne inattive disponibili, in rapporto alle forze lavoro, sono in numero significativamente piu’ elevato in confronto agli uomini. Tuttavia nel nostro Paese il divario e’ piu’ ampio: il 16,8% delle donne rispetto al 7,9% degli uomini
Un esercito di senza speranza. In Italia ci sono 2,9 milioni di persone che vorrebbero lavorare, ma hanno deciso di rinunciare a cercare un impiego, perchè bloccati dalla sfiducia, da impegni familiari e da altre difficoltà. Statisticamente fanno parte dell’universo degli inattivi (nel complesso oltre 20 milioni di unità), cioè di coloro che non hanno un’occupazione né la cercano; ma la loro condizione è molto simile a quella dei disoccupati, come loro, infatti, aspirano a trovare un giorno un impiego. Un’eventualità considerata da 1 milione e mezzo di persone solo una chimera: si tratta degli scoraggiati, ovvero di chi non si offre sul mercato del lavoro perchè ritiene impossibile riuscire ad essere assunto.
Intanto, la Cgil promuove per giovedì 10 maggio una mobilitazione nazionale sulla precarietà. Lo ha annunciato il segretario Cgil, Susanna Camusso, durante il suo intervento introduttivo al comitato direttivo, denunciando a riguardo arretramenti nel ddl di riforma del lavoro e chiedendo risposte effettive per i giovani.
Tornando ai numeri, il report dell’Istat sugli indicatori complementari al tasso di disoccupazione, aggiornato al 2011, mette, così, in luce il disagio di chi vive ai margine del mondo del lavoro. Una periferia fatta, nel dettaglio, di 2 milioni e 897 mila persone che desiderano ma non cercano un impiego, una cifra altissima, mai raggiunta prima dall’Italia (almeno dal 2004, inizio delle serie storiche disponibili) e che ci vede in testa tra tutti i partner dell’Unione europei. Basti pensare che il peso sulle forze lavoro di questa categoria di senza posto, chiamata anche degli ’inattivi disponibilì è tre volte quello registrato dalla media europea. Una fetta pari al 43% è composta dagli scoraggiati; segue chi attende gli esiti di vecchie ricerche (magari concorsi pubblici dai tempi piuttosto lunghi) e chi si fa da parte per motivi familiari, o anche per badare ai figli (motivazione molto presente tra la componente femminile).
In generale, comunque, le donne disponibili a lavorare ma che non cercano, in rapporto alle forze lavoro, sono significativamente più numerose (16,8%) degli uomini (7,9%). Il fenomeno che porta a rinunciare alla ricerca di un posto colpisce, inoltre, soprattutto il Mezzogiorno (che assorbe ne 1.954 milioni) e cresce anche tra i giovani. Un’altra aera critica individuata dall’Istat, riguarda i ’sotto occupatì part time, che in Italia hanno raggiunto quota 451 mila. L’incidenza resta inferiore a confronto con altri Paesi europei, ma il rialzo sul 2010 è netto (+3,9%). Insomma il lavoro è un problema per una vasta platea che supera i confini della disoccupazione, una schiera di persone a disagio che preoccupa i sindacati: Cgil, Cisl Ugl hanno, infatti, chiesto «risposte» immediate per affrontare la situazione.
Sul tema lavoro sale la preoccupazione anche nell’Fmi. In Ue la disoccupazione si mantiene in molti Paesi, in primis Spagna, a livelli molto elevati e il rischio è di avere una “generazione perduta”. «È una mia grande preoccupazione», ha detto Christine Lagarde ribadendo come bisogna concentrarsi non solo sul risanamento dei conti ma anche sulla crescita. «Vogliamo un’Italia che cammini con le proprie gambe», ha aggiunto il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, che non ritiene le stime dell’istituto sulla crescita del Belpaese «severe»: «Quello che vogliamo è equilibrio», afferma, mettendo l’accento sulla «fragilità della ripresa eocnomica globale», che avviene in un contesto di «ripresa timida», con l’Europa ancora «epicentro di potenziali rischi». «Ci sono molte nubi all’orizzonte», ha spiegato Lagarde, individuando fra queste l’elevato tasso di disoccupazione: «Una mia grande preoccupazione», ammette, è il rischio di una «generazione perduta» in Europa.
http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/450819/?tm_source=Twitter&utm_medium=&utm_campaign=
*INVIA UN COMMENTO VOCALE (Max 120 secondi). ---- Per registrare il commento vocale cliccare su Record, poi su Stop una volta terminata la registrazione. Infine cliccare su Save per inviare il contributo audio. (Inviando il contributo audio si autorizza alla sua pubblicazione.)
0
Lascia un commento