La domanda è lecita: la crisi porta al suicidio? Banalmente potremmo considerare che comunque la crisi economica è un evento che in molti casi comporta una condizione sfavorevole, e che certo non promuove, almeno per i più, la felicità.
Aldo Gabardo, in un articolo sempre su questo Sito, si pone giustamente la domanda e ragiona, con il supporto di riferimenti ad importanti ricerche sul tema, sul fatto che negare la relazione tra crisi e suicidi è da stupidotti, e che se si è depressi ci si suicida di più. In conclusione, dice Gabardo, curiamo i depressi, anche quelli che non sanno di esserlo, e nessuno si ammazzerà più.
Innanzitutto nessuno vuole negare la relazione tra crisi economica e alcuni suicidi, come non si nega quella tra brufoli e suicidio.
Ma se fossero proprio le cure psichiatriche a far aumentare i suicidi? Molte ricerche, altrettanto importanti, e forse più indipendenti da interessi di parte di quelle citate dal nostro redattore, stabiliscono che esiste una netta correlazione tra antidepressivi, e psicofarmaci in genere, e tentativi di suicidi e di atti aggressivi vari. Questo soprattutto nei primi mesi dall’inizio del trattamento e soprattutto tra giovani ed adolescenti.
Ma quello che mi convince di meno della tesi di Gabardo è il ruolo del conflitto e la sua elaborazione. E ancora, la definizione, anzi la mancata definizione, di depressione, se non in senso medico-sintomatico.
Diciamo subito che i dati sull’eventuale incremento di suicidi nel periodo che stiamo attraversando di incertezza economica li avremo tra qualche mese, ma ad ora chi si occupa di statistiche prevede spesso una correlazione non positiva.
In Italia, con una percentuale sulla popolazione di un quarto inferiore rispetto alla ricca Scandinavia, e con la stessa variabilità percentuale tra Nord e Sud del paese, ci sono circa 3000 suicidi l’anno, di cui dal primo gennaio di quest’anno una quarantina sono imputabili alla crisi economica. Una percentuale, invariata come tendenza negli anni passati, assolutamente poco significativa per definire la famosa correlazione tra crisi e aumento dei suicidi. La maggior parte dei suicidi avviene per cause di salute, tra cui la maggioranza per cause psichiche. Saranno i farmaci? O se uno si suicida è naturalmente messo nel girone dei depressi?
Eppure questo prospetto statistico, se si rivelerà esatto come immagino, contrasta con il buonsenso: ci pare ovvio che la situazione drammatica di chi subisce pesantemente la crisi economica possa spingere qualcuno a compiere l’atto estremo. In fondo leggiamo che ci si suicida per molto meno, una delusione amorosa, un brutto voto a scuola, una malattia anche banale.
Quello che ci confonde nella valutazione è la fantasia, in questo caso quella suicidaria, che è uno strumento che l’organismo psichico ci ha fornito per elaborare forti cariche di stress. Se immagino un evento drammatico, come appunto il suicidio, o ammazzare un rivale, il capoufficio, o strangolare un figlio rompiballe, spesso risolvo la spinta aggressiva. Confondiamo le nostre fantasie che utilizziamo per risolvere i conflitti, con la realtà. E’ normale.
Quindi in molti casi è l’impossibilità d’immaginare naturalmente l’evento drammatico che non lascia scampo alla sua realizzazione. E non possiamo immaginare con efficacia quando le nostre emozioni sono contratte in schemi sociali, culturali ed economici, estremamente rigidi. Ma le nostre emozioni sono costrette anche da modelli terapeutici funzionali solo alla medicalizzazione della società, con farmaci e psicofarmaci che sentenziano sempre di più quello che dobbiamo sentire del dolore e come risolverlo velocemente nella sua negazione.
Con quello che costerebbe la medicalizzazione dei presunti depressi a rischio di suicidio si possono realizzare interventi di sostegno, economici e sociali, a favore di chi vive problemi legati alla crisi e non, dando spazio alla “cura della solidarietà”, rompendo gli schemi della cultura dell’isolamento, dell’egoismo, dell’individualismo, del valore economico della persona, tutti fattori che favoriscono i suicidi ben più, dati alla mano, della crisi economica.
Purtroppo anche in questo caso non è remoto il rischio di speculazioni sulla sofferenza, cercando, come da modello economico vigente se pur in crisi, di fare affari sui suicidi, veri o presunti che siano.
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