Nell’articolo del 6 giugno il direttore di Psicologiaradio Carlo Cerracchio si pone giustamente il dubbio se non sia un grosso errore accorpare la facoltà di medicina con quella di psicologia. In questo modo la medicina invaderebbe spazi che non le appartengono e la psicologia acquisirebbe uno status più dignitoso, scimmiottando il modello medico. Questa motivazione alla storica fusione mi sembra più che plausibile e condivido in pieno l’idea che i medici stiano diventando ogni giorno di più schiavi delle case farmaceutiche.
E se da premesse sbagliate ne scaturisse invece un grosso vantaggio per entrambi, medici e psicologi? Se i medici acquisissero maggiori capacità empatiche e gli psicologi migliori competenze tecniche?
Non nascondiamocelo, almeno fra di noi, la laurea in Psicologia si ottiene con una facilità disarmante! Gli psicologi italiani erano 64000 nel 2010 (uno ogni 700 abitanti!) e adesso il loro numero si aggirerebbe intorno agli 80000; in pratica, in Europa, uno psicologo ogni tre sarebbe italiano. Di fronte a tali numeri si può realisticamente ritenere che questo corso di laurea sia adeguatamente selettivo? Il suo grado di difficoltà è paragonabile con quello del corso di laurea in medicina e della successiva specializzazione in psichiatria (in fondo è lo psichiatra il “nemico” storico dello psicologo)? Io rispondo no ad entrambe le domande.
Gli esami di psicologia sono quasi tutti estremamente facili, affrontabili tranquillamente con un paio di settimane di studio al massimo. E qual è l’esame più difficile di tutti? Quello che noi che abbiamo conseguito questa laurea (poco più di un pezzo di carta, vista la sua spendibilità nel mondo del lavoro) ricordiamo con terrore? “Fondamenti anatomo-fisiologici dell’attività psichica”, non a caso l’unico esame di medicina studiato su testi della facoltà omonima.
Inoltre la stragrande maggioranza degli esami riguarda la psicologia dinamica, che non è l’unico tipo di psicologia esistente (non a caso io mi rifaccio all’approccio cognitivo comportamentale), e in particolare il totem Sigmund Freud, un cocainomane austriaco morto nel 1939, ossessionato dall’idea di fare sesso con la giovane e bella matrigna e di uccidere per questo lo sventurato padre. Il buon Sigmund, tra l’altro, era proprio un medico, un fisiologo per la precisione. Nessuno nega l’importanza storica di questo mostro sacro, ma voi vi fareste operare da un chirurgo che usasse gli strumenti di cento anni fa?
Dopo la laurea è necessario un anno di tirocinio che può essere svolto praticamente in qualunque tipo di struttura, purché abbia la convenzione necessaria: può essere una cooperativa sociale, una casa famiglia o una qualche associazione per disabili.
A questo punto c’è solo da scegliere nel marasma delle scuole di specializzazione private e anche in questo caso è necessario superare un duro esame per accedervi, quello del conto in banca! E più la scuola è rinomata e più dovranno sborsare i vostri genitori (sono ben pochi infatti gli psicologi che arrivati a questo punto possono permettersi di pagare autonomamente la scuola di specializzazione in psicoterapia). Beh, diamine! Direte voi, dopo quattro anni di specializzazione saprete ormai lavorare con un paziente!
Nulla di più lontano dalla realtà: sono stati altri anni di chiacchiere (più specifiche e almeno questa volta l’orientamento l’avrete scelto voi) e per quanto riguarda la pratica, si è limitata ad altri tirocini con le stesse regole che valevano per quello post lauream.
Possiamo paragonare questo cammino inutilmente lungo (nella migliore delle ipotesi saranno passati 10 anni!) con quello dello psichiatra che dal momento in cui inizia la specializzazione sta lavorando in ospedale? Chi avrà visto più pazienti secondo voi? E quale tipo di pazienti avrà visto lo psicologo, ora psicoterapeuta?
Avrà forse trattato qualche caso di ansia, oppure una disfunzione sessuale o al massimo un paziente con una depressione reattiva. Si può affermare che questo psicoterapeuta sia stato a contatto con la follia? Quel male misterioso che ha affascinato tutti noi al punto tale di intraprendere questi studi? La mia risposta è sempre no.
Quanti di questi psicologi, sempre pronti a criticare quei “cattivoni” degli psichiatri hanno lavorato con uno schizofrenico durante una crisi psicotica? O con un depresso, di quelli veri, che magari si è dato fuoco o si è buttato dal balcone? O con un soggetto antisociale che ha appena distrutto un negozio e aggredito la polizia? E che farebbero con un paziente di questo tipo? Gli racconterebbero che ha fatto tutto ciò perché in realtà voleva trombarsi la madre e ammazzare il padre?
Beh, provate a fare una cosa del genere e bene che vada il paziente vi spaccherà la faccia!
Chi interviene in questi casi se non il medico, lo psichiatra? E in che modo opera? Somministrando i tanto vituperati psicofarmaci, indispensabili per sedare persone in una fase di acuzie; saranno pure prodotti dall’impero del male costituito dalle case farmaceutiche ma servono più di qualunque dormita sul lettino dello psicanalista.
E come mai lo psichiatra può somministrare questi farmaci e (grazie a Dio) lo psicologo non ne è autorizzato? Perché lo psichiatra, il medico, è ben consapevole del funzionamento del cervello, lo conosce come le sue tasche (o almeno dovrebbe), ne comprende appieno l’anatomia e la fisiologia. E lo psicologo che ne sa? Praticamente nulla, le sue conoscenze al riguardo derivano si e no da un paio di esami sostenuti secoli addietro. Portereste a riparare la macchina da un meccanico che non sappia nemmeno come funziona il motore? Che non ne conosca nei dettagli la meccanica?
Lo psicologo pretende di fare la stessa cosa, lavorare sui sintomi derivanti dal “malfunzionamento” del cervello senza avere la più pallida idea di come sia fatto. Sarebbe veramente un disastro se lo psicologo conoscesse meglio questa meravigliosa macchina che è il nostro sistema nervoso? Una macchina più bella e tecnologicamente più avanzata di qualsiasi Ferrari.
E come si fa una diagnosi? Premesso che per la maggior parte dei miei colleghi questo è un mistero, non si utilizza forse il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders)? Giusto o sbagliato che sia questo è l’unico manuale diagnostico universalmente riconosciuto, l’unico che consente a tutti i professionisti della mente di parlare la stessa lingua. E chi ha costruito questo manuale? L’APA (American Psychiatric Association), ancora una volta i tanto disprezzati medici.
Ultimamente pullulano i corsi di psicodiagnostica rivolti agli psicologi, come mai? Proprio per colmare questa grave mancanza. Si tratta però di corsi inutili, come tutti quelli rivolti alla nostra categoria; corsi vuoti perché estrapolati da un contesto clinico: come si può comprendere il funzionamento e l’utilizzo dell’MMPI (Minnesota Multiphasic Personality Inventory) ad esempio, se non lo si è mai somministrato a un “matto” vero invece che alla signora che viene a sfogarsi con noi perché sono troppi anni che non fa sesso?
Il medico la diagnosi la fa e basta, sono anni che lavora in ospedale e utilizza quegli strumenti e la sua specializzazione è retribuita, l’esatto contrario di quanto avviene per lo psicologo che, derelitto, deve pagare anche quella.
La verità è che sono gli psicologi gli unici clienti degli psicologi: non “battono chiodo”, hanno una professionalità limitata e non sapendo come sbarcare il lunario fondano scuole di specializzazione inverosimili che si rifanno ad approcci assurdi (esistono ancora scuole di tipo gestaltico, di psicodramma e perfino bioenergetiche) e vincolano gli sventurati colleghi ad anni di psicoterapia o supervisioni obbligatorie.
Ci farebbe poi così male avvicinarci al modello medico come avviene negli altri paesi del mondo? Sarebbe veramente una iattura?
Come mai fra le pubblicazioni scientifiche mondiali quelle degli psicologi italiani sono praticamente inesistenti al contrario di quelle dei medici? Sarà un caso che gli unici articoli di ricerca psicologica pubblicati dalle riviste internazionali più prestigiose siano quelli di neuropsicologia, la branca della psicologia che apertamente si rifà al modello medico? Si tratta quindi di una congiura mondiale per non riconoscere il nostro grande valore? O forse siamo effettivamente scarsi, usciti da un corso di laurea che non è minimamente selettivo? Al lettore la risposta.
Chiuderò raccontando una vicenda personale.
Qualche anno fa, colto da disperazione per la totale mancanza di lavoro in Italia, decisi che l’unica possibilità era quella di andarmene, ma dove? Negli Stati Uniti, in Canada o in Australia i problemi burocratici mi apparivano insormontabili, nel resto dell’Europa la situazione sembrava più o meno drammatica come la nostra, fatta eccezione per la Germania ma non avevo alcuna intenzione di imparare quella lingua così ostica e, soprattutto, di convivere con i nipotini di Hitler (chiedo perdono per l’orrendo pregiudizio).
Restava l’Inghilterra, tanti conoscenti (medici) erano andati lì a fare fortuna, adesso lavoravano tutti con stipendi da sogno, specialmente se paragonati con quelli del povero italiano. Avevo deciso:
– Che Inghilterra sia! Si mangerà pur male e pioverà tutti i giorni ma almeno potrò finalmente fare il lavoro per il quale ho studiato tutti questi anni! -.
Scrissi una lettera alla BPS (British Psychological Society) spiegando nei dettagli che ero uno psicologo e psicoterapeuta e quali esami avessi sostenuto all’università. Con mio sommo stupore mi risposero dopo un paio di giorni (in Italia sarebbe stato un miracolo solamente avere una risposta) e con estrema cortesia mi fu detto non solo che la mia specializzazione non aveva alcun valore (ahimè l’avevo ampiamente preventivato) ma anche che della mia laurea avrei potuto farne l’uso da me preferito: coriandoli, carta igienica o campo di battaglia per qualche partita a tris. Battute a parte, sostenendo alcuni esami avrei potuto iniziare gli studi dal terzo anno di bachelor, come a dire: “Ricomincia tutto da capo!”.
Come mai il medico italiano può tranquillamente lavorare in Inghilterra e lo psicologo no? Si tratta della solita congiura internazionale ordita dalla “SP.E.C.T.R.E.” dei medici oppure, più realisticamente, gli inglesi sanno bene che è troppo facile ottenere una laurea in psicologia in Italia e non vogliono avere incompetenti che pratichino una professione tanto delicata senza possedere gli strumenti e le conoscenze adatte?
Sarebbe dunque un dramma se lo psicologo italiano potesse essere equiparato alle altre professioni mediche, potendo andare a lavorare all’estero e vedendo la propria professionalità finalmente riconosciuta?
Siamo troppi, c’è poco da fare. Siamo 80000, uno Stadio Olimpico gremito in ogni ordine di posti, è logico pensare che siamo tutti bravi, in grado di affrontare questo lavoro? Non sarebbe meglio essere in pochi ma buoni? Preparati e soprattutto occupati?
La contrapposizione con i medici in generale e gli psichiatri in particolare non serve a nessuno: conferma solo il loro pregiudizio che lo psicologo è un cialtrone e ci emargina ulteriormente nel mondo della sanità. È una lotta che possiamo solo perdere perché loro hanno il coltello dalla parte del manico: la medicina ha migliaia di anni di storia, la psicologia è la neonata delle scienze, ne ha meno di 150 ed è stata fondata da un filosofo e fisiologo, quindi un medico (Wilhelm Wundt). Inoltre essi possono additare in ogni momento migliaia di psicologi e psicoterapeuti come incompetenti e mi duole dirlo ma hanno ragione: la maggior parte dei nostri colleghi è proprio così, incompetente e priva dell’umiltà necessaria per capire i propri limiti, un insight imprescindibile per poter “battere” un avversario più forte di te. Per fare un esempio calcistico è come se una squadra affrontasse il Barcellona a viso aperto, con la pretesa di giocare meglio, con l’inevitabile risultato di essere subissata di goal mentre invece l’unica possibilità di sconfiggere quei “mostri” è fare un gran catenaccio sperando di trafiggerli in contropiede.
L’ipergeneralizzazione è una distorsione cognitiva pericolosissima e credo di non esserne affetto: ci sono molti psicologi e psicoterapeuti bravissimi ma sono diventati tali con l’impegno personale, non certo grazie all’università o alla scuola di specializzazione o a questi inutili corsi di cui brulica il panorama italiano. Essi hanno studiato per proprio conto, hanno lavorato gratuitamente nelle più disparate associazioni e hanno conosciuto la vera malattia mentale, quella dei reparti psichiatrici, condotti dai famigerati medici.
Se ognuno fa bene la sua parte non c’è nessuna invasione di spazio o di competenze: la malattia psichiatrica, quella vera, può essere curata solo con i farmaci (basta sostenere posizioni utopistiche, per cortesia), dopo interviene lo psicologo, quando il paziente è in grado di collaborare nel lungo e difficile percorso terapeutico.
Esistono molti altri spazi in cui può intervenire lo psicologo: la malattia terminale o la geriatria di fronte alle quali il medico è impotente, i reparti maternità dove è necessario assistere le puerpere prima e dopo il parto, la scuola in cui il bravo professionista può individuare soggetti a rischio e prevenire il successivo sviluppo di patologie psichiatriche, la psicologia della salute e del benessere, le comunità terapeutiche e potrei andare avanti ancora a lungo. Sarà sempre un bene avere come clienti il ragazzetto che non riesce a “rimorchiare” o la signora cicciona che vuole dimagrire, perché in fondo gioverà a loro che avranno il beneficio della relazione e a noi che avremo qualche soldo in più ma, per favore, non paragoniamoci ai medici.
Ha ragione Cerracchio quando dice che il medico vede spesso il paziente come un pezzo di carne da sezionare e non ha a cuore i suoi sentimenti (evitiamo però di generalizzare) ed è vero che alcuni di essi, schiavi delle case farmaceutiche, cercano di somministrare psicofarmaci anche a chi è in lutto per la morte del gatto, ma proprio per questo, non potrebbe la storica fusione giovare anche a loro? Che imparassero finalmente ad essere empatici con il paziente che è una persona e non una cavia da laboratorio (le quali ahimè soffrono anch’esse)? Non potremmo abbandonare queste beghe campanilistiche una volta per tutte e lavorare fianco a fianco per lenire la sofferenza di chi ci chiede un aiuto che in fondo dovrebbe essere il fine ultimo di entrambe le professioni?
Aldo Gabardo
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Solito articolo di parte, pieno zeppo di stereotipi contro ls psicoanalisi…
Che dire… qualsiasi commento sarebbe inutile, consiglio però all’ autore di leggere qualche libri di psicoanalisi prima di parlarne in questi termini. Ma dubito che il mio intervento produrrà i suoi effetti…
Come al solito la visione comune della terapia si riduce a un credere che lo scopo della terapia psicoanalitica sia dare la colpa ai genitori e cavolate simili.
Poi c’è sempre il solito riduzionismo di chi crede che mente e cervello siano due cose distinte, e che parlare di mente non sia un punto di vista diverso dello stesso oggetto.
Chi ha detto che il terapeuta deve conoscere la neuroanatomia? Uno scrittore deve conoscere le tecniche con cui si produce la carta e sapere che densità ha, proprietà fisiche ecc. ?
La verità è che chi ha scritto quest’ articolo non vuole ammettere che ci possa essere qualcosa di vero nella psicoanalisi semplicemente perchè essa ha sbugiardato le credenze bigotte di un tempo, come quella secondo cui la mente e il corpo sono due cose distinte, o i vari credi religiosi/moralistici/filosofici.
Discussioni come queste smuovono tanta di quell’energia dentro di me, che non riesco ad articolare il discorso. Mi si bloccano le idee in fase di uscita. Mi limiterò ad un breve sfogo.
Non sono laureato, da sempre però mi incuriosisce la psicologia.
Chiedo agli psicologi COGNITIVO-COMPORTAMENTALI : per parlare in questi termini della psicanalisi, e cioè per darne quest’immagine da vignetta umoristica (lettino, cocaina, etc..), che cavolo avete studiato prima e dopo l’università?? Anni di studio per conoscere Fodor, Skinner, Bowlby, Beck, Ellis……….? A very strange situation! L’aspetto peggiore è che probabilmente siete in buona fede!
Università, tirocini, scuole di abilitazione, per poi praticare questa sorta di tecno pedagogia sc-sc-scientifica?
RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA, SHAPING, MAPPE MENTALI, DISTORSIONI COGNITIVE, ESPOSIZIONE CON PREVENZIONE DELLA RISPOSTA…….e grazie allo Scimmiotti anche MOI, SMI, FDA…???
Ma chi capita nelle vostre mani da incompetente, su quale risorse può contare per non farsi danneggiare?
A proposito di scimmIOTTI, maiuscoli o minuscoli, titolati o meno, questo stramaledetto attaccamento ha prodotto fantasiose terapie che quanto a crudeltà non hanno nulla da invidiare agli esperimenti da macellai degli psichiatri, tipo modificare il pattern d’attaccamento immobilizzando fino allo spasimo i bambini per indurli alla resa per esasperazione, tanto da provocare diversi decessi. Mi sembra che queste torture siano state vietate in seguito ad incidenti mortali, insomma bisogna morire prima che ci si renda conto dell’incompetenza di questi eto-psicologi.
Che idea di relazione è questa????????? .
Io credo che il panorama sia desolante, tradisce un’abissale ignoranza. Vengono istintivamente un paio di considerazioni:
1 le dottrine (cognitiviste, evoluzioniste, behaviouriste) professate dagli psy che dovrebbero sottrarci all’orrore psichiatrico, sono troppo simili al pensiero medico rispetto al quale vorrebbero costituire un’alternativa.
2 data l’adesione pressochè acritica a questi approcci sc-sc-scientifici, è probabile che la stragrande maggioranza degli psy non sia affatto tagliata per il mestiere che ha scelto, cioè è sprovvisto di qualsiasi strumento (vocazione, talento) per comprendere l’essere umano.
E’ proprio l’intelligenza il problema dunque?
Forse devo rieducare i miei SMI, MOI permettendo. Sono uno scimmiotto schizoide e agonistico, chiedo venia.
Approvo totalmente Marta, siete quasi peggio degli psichiatri che sono dei veterinari di montagna mancati.
Quanto al signor Carlo Cerracchio, ce ne fossero di più come lui!
Esperienza totalmente opposta. Ho trovato una psichiatra, dirigente medico, che non sapeva nemmeno la differenza tra l’artrite, malattia infiammatoria autoimmune, e l’artrosi, patologia degenerativa, e sono stata derisa e insultata quando ho detto di averle entrambe. Prima di salvare qualunque psichiatra, sappiate che molti di voi sono ignoranti proprio in medicina, sulla stessa persona posso portare molti esempi…. ma ha preso la laurea e somministra psicofarmaci a destra e a manca, per qaulsiasi motivo e senza nessun esame diagnostico o di laboratorio. Molti di voi sono sono distributori di medicinali, spesso dannosi, e avete per di più il potere di rovinare la vita alla gente che arriva da voi in cerca d’aiuto. Stare lontano dagli strizzacervelli è la mia parola d’ordine. Anche voi non siete veri e propri medici, ditela tutta. Un semplice medico generico conosce più cose di voi. Le terapie ai pazienti la fate fare agli psicologi tirocinanti, e intanto voi vi prendete stipendi da 4.000 euro al mese…… ma fatemi il piacere. Andate a zappare i campi!
Sono d’accordo con Maurizio e per quanto mi riguarda la mia esperienza è diametralmente opposta a quella descritta. Certo, la formazione vera e l’esperienza con pazienti psicotici gravi me la sono dovuta cercare, ma questa è una questione di desiderio…:-)
Non so’ se gli psicologi siano troppi e poco preparati in italia,
una cosa so’ per certo: a un professionista che scrive queste cose e con questo tono
non permetterei nemmeno di “curare” un pinguino.
Primo punto, tu dici che siamo troppi, e lo siamo perché l’iter formativo che porta alla nostra professione è troppo semplice. Non so tu, ma quando, ormai secoli fa, ho studiato io non è stato così banale, anzi. Certo, gli psicologi non studiano molto argomenti di medicina, e magari non sono in grado di fare una trasfusione, ma chi si iscrive a Psicologia, tranne alcuni casi, non vorrebbe fare il medico, ma lo psicologo…
Ma sulla formazione c’è da dire una cosa importante: lo sai che gli psichiatri e i neuropsichiatri infantili possono fare psicoterapia ANCHE SENZA ALCUNA FORMAZIONE IN PSICOTERAPIA (purtroppo è vero, non è uno scherzo) solo in virtù ed opera dello spirito lobbystico dei medici? Allora, siamo ancora troppi, o è troppo il potere della medicina nel campo della salute? Chi getta discredito sulla psicoterapia, uno psicologo in qualche modo formato per esercitare la professione o un medico psichiatra che può appellarsi “psicoterapeuta” senza neanche sapere che significa la parola “psicoterapia”?
Poi credo sempre che è meglio essere in tanti, ma formati adeguatamente in psicoterapia e non per diritto che in pochi, l’importante è che l’utilizzo delle risorse sia gestito in ordine agli interessi degli utenti e non a quelle dei mercanti della salute. Se le basi dell’intervento sul disagio psicologico sono definite sempre di più di competenza medica, vedi i DSM, ma anche i consultori, le scuole, l’assistenza sanitaria di base ecc. gli psicologi “utili” saranno sempre di meno. Forse quelli cognitivo-comportamentali si salveranno, ma solo perchè spesso condividono la stessa idea terapeutica di molti medici: il feticcio del sintomo.
Quello che manca nelle posizioni “pragmatiche” che vanno tanto di moda, purtroppo sempre di più nelle nuove generazioni creando dei giovani mostri vecchi di conformismo, è il ragionamento critico, mancanza che porta alla sottomissione incondizionata verso i valori culturali dominanti.
Freud, pace all’anima sua, ha fatto uso anche di cocaina, per breve tempo e quando non se ne conoscevano a fondo gli effetti, ma ha avuto il coraggio, da medico, di ribellarsi al pensiero comune sulla malattia mentale, fondando le basi per il nostro lavoro e soprattutto per il benessere dei pazienti violentati da torture psichiatriche inimagginabili. L’uso di cocaina tra i professionisti di medio e alto livello socio-economico, anche di area sanitaria, è, oggi che se ne conoscono benissimo gli effetti, in costante aumento…
Quali sono le idee che sostengono le tue tesi? Che la malattia mentale, generalizzando, è una questione d’interesse medico, che la soluzione sono i farmaci, e che gli psicologi, ovviamente solo cognitivo-comportamentali, possono essere coadiuvanti terapeutici?
Queste sono le “idee” della peggiore e retriva psichiatria, non condivise neanche da molti psichiatri, che da Basaglia in su, hanno combattuto per la comprensione psichica e sociale, e non chimica e repressiva, del disagio mentale e dellle sue cause.
E poi non mettiamola come contrapposizione medico-psicologica, non è una guerra. Conosco e stimo tantissimi medici che sono fortemente critici sulle posizioni di potere della lobby medica, che crea tra gli stessi medici sofferenza professionale e tanta precarizzazione sopratutto tra i giovani. Per avere un’idea guarda i medici di “No grazie pago io”
Tralascio commenti sui farmaci, che non curano, sul rapporto tra sintomo e cause della malattia, per non appesantire il papiello, rimandando ad atri articoli sul tema qui presenti
Capisco, si deve campare, ma, per precauzione, non si sa mai, che ne dici se cominciassimo a comprarci tutti uno stetoscopio, ci si mimetizzerebbe meglio…
Carlo Cerracchio
Scusa per il ritardo nella risposta ma non sapevo neanche avessi commentato l’articolo. Sebbene la pensiamo in modo radicalmente opposto, a cominciare dalla psicanalisi che ormai ha fatto il suo tempo e dovrebbe essere (secondo me) definitivamente eliminata dal mondo scientifico non facendone parte in alcun modo, credo che su alcuni punti siamo d’accordo, sebbene tu non te ne accorga. Che gli psichiatri possano esercitare la psicoterapia senza alcuna preparazione specifica lo so bene ed è uno scandalo così come la facilità con cui prescrivono gli psicofarmaci. Questi farmaci non devono essere però demonizzati perché è innegabile che vadano utilizzati in determinate circostanze, a cominciare dalle crisi psicotiche: conosci forse qualche metodo per eliminare i sintomi positivi della schizofrenia come allucinazioni e deliri senza utilizzarli? In tal caso potresti candidarti al premio Nobel!
Sull’apporoccio cognitivo e comportamentale dovresti approfondire le tue conoscenze perché non è assolutamente vero che si cerchi di trattare i sintomi senza comprenderne le origini. Sapere le cause del problema non serve però a eliminarlo ed è per questo che la psicanalisi è inutile (sempre che le misteriose spiegazioni metafisiche che vengono chiamate in ballo abbiano un fondamento di realtà), onerosa, spesso dannosa e interminabile.
Il cognitivista cerca di risolvere i problemi del cliente nel minor tempo possibile e prevede un tempo entro cui finirà la terapia perché se dovesse durare all’infinito essa sarebbe inutile per definizione e utilizza i metodi comportamentali perché sono gli unici di comprovata efficacia.
Infine non capisco perché ammettere che per quanto riguarda facilità degli esami da sostenere e ore spese in attività pratica non ci sia paragone fra facoltà di Psicologia e facoltà di Medicina sia così esecrabile se fatto da uno psicologo.
Non ho mai detto che lo psicologo deve diventare il burattino nelle mani dello psichiatra ma chiudersi su posizioni intransigenti come le tue, senza vedere la fondamentale importanza della collaborazione fra queste due figure (mi riferisco sempre al caso della vera malattia mentale, non alla signora snob che ha voglia di sfogare le sue frustrazioni sdraiata su un divanetto) non giova a nessuno, tantomeno a noi: la dimostrazione è che siamo quasi tutti disoccupati e siamo sempre l’ultima ruota del carro.
Aldo Gabardo
Scusa per il ritardo nella risposta ma non sapevo neanche avessi commentato l’articolo. Sebbene la pensiamo in modo radicalmente opposto, a cominciare dalla psicanalisi che ormai ha fatto il suo tempo e dovrebbe essere (secondo me) definitivamente eliminata dal mondo scientifico non facendone parte in alcun modo, credo che su alcuni punti siamo d’accordo, sebbene tu non te ne accorga. Che gli psichiatri possano esercitare la psicoterapia senza alcuna preparazione specifica lo so bene ed è uno scandalo così come la facilità con cui prescrivono gli psicofarmaci. Questi farmaci non devono essere però demonizzati perché è innegabile che vadano utilizzati in determinate circostanze, a cominciare dalle crisi psicotiche: conosci forse qualche metodo per eliminare i sintomi positivi della schizofrenia come allucinazioni e deliri senza utilizzarli? In tal caso potresti candidarti al premio Nobel!
Sull’apporoccio cognitivo e comportamentale dovresti approfondire le tue conoscenze perché non è assolutamente vero che si cerchi di trattare i sintomi senza comprenderne le origini. Sapere le cause del problema non serve però a eliminarlo ed è per questo che la psicanalisi è inutile (sempre che le misteriose spiegazioni metafisiche che vengono chiamate in ballo abbiano un fondamento di realtà), onerosa, spesso dannosa e interminabile.
Il cognitivista cerca di risolvere i problemi del cliente nel minor tempo possibile e prevede un tempo entro cui finirà la terapia perché se dovesse durare all’infinito essa sarebbe inutile per definizione e utilizza i metodi comportamentali perché sono gli unici di comprovata efficacia.
Infine non capisco perché ammettere che per quanto riguarda facilità degli esami da sostenere e ore spese in attività pratica non ci sia paragone fra facoltà di Psicologia e facoltà di Medicina sia così esecrabile se fatto da uno psicologo.
Non ho mai detto che lo psicologo deve diventare il burattino nelle mani dello psichiatra ma chiudersi su posizioni intransigenti come le tue, senza vedere la fondamentale importanza della collaborazione fra queste due figure (mi riferisco sempre al caso della vera malattia mentale, non alla signora snob che ha voglia di sfogare le sue frustrazioni sdraiata su un divanetto) non giova a nessuno, tantomeno a noi: la dimostrazione è che siamo quasi tutti disoccupati e siamo sempre l’ultima ruota del carro.
Aldo Gabardo
Gentilissimo Aldo, sono di certo d’accordo sul fatto che la facoltà di psicologia potrebbe, e dovrebbe, essere riformulata per renderla “pratica” così come la facoltà medicina. Ciò implica renderla a ciclo unico come una volta, magari di 6 anni e con attività in ambito clinico, organizzativo e sociale già negli ultimi due anni di studi. Poi, un bell’esame di stato come quello dei medici: ovvero passano tutti per il solo fatto di essersi laureati. Per i volenterosi, poi, una bella scuola di specializzazione dove ti sfruttano al midollo magari ma dove ti pagano per farla e non dove paga lo studente. Proprio come fanno a medicina ma anche in UK dove gli psicologi sono pagati durante la scuola di speciaiIzzazione in psicolterapia. Ciò detto eviterei la vetusta diatriba novecentesca tra comportamentismo e psicoanalisi: gli americani dell’APA e associazioni psy varie sono ormai per una conoscenza di più forme di psicoterapi, nella formazione di uno psyterapeuta, al fine di affrontare i problemi con le armi più idonee. La invito inoltre ad uscire dal laboratorio di Skinner e di leggere gli studi di diversi neuroscienziati medici, tra cui anche dei nobel, che sulla base dell’ Evidence Based Approach, hanno verificato attraverso tecniche di imaging le modificazioni effettive del cervello a seguito di terapie psicoanalitiche. Non lo dico da dinamico perche’ non lo sono ma davvero smettiamo la guerra tra i poveri (indirizzi di psicologia o psyterapia)….. impariamo dai medici che fanno corpo, spesso lobby ma mai guerra a se stessi, non giova alla crescita della reputazione dellle professione di psicologo e psicoterapeuta. Cordialità. Francesco Dal Fara
In generale sono d’accordo con questo tipo di veduta. I nostri corsi di laurea sono pieni di contraddizioni, una su tutte quella per cui cercano di “inculcarci” la collaborazione a tutti i costi, gli interventi integrati, ma poi quelle stesse stesse persone non sono sono neanche capaci di chiedere un misero consiglio spassionato. Ed è inutile appellarsi ai tanto cari articoli del codice sul rapporto tra colleghi, come molti spesso fanno, ma venendo meno per primi: credo che non si parli solo di psicologi, ma che sia necessario veramente generalizzare a tutta la classe di “operatori sanitari e/o sociali”. Sono una studentessa e sinceramente credo che non si diventi ne medico, ne psichiatra, ne tantomeno psicologo solo stando sui libri; l’entusiasmo iniziale è un pò scemato (ma per fortuna è rimasta la passione e la voglia di imparare) perchè ho incontrato molte meno occasioni “pratiche” (una specie di boccata d’ossigeno per me) e un’infinità di esami. Nonostante un pò di delusione fisiologica, credo di non essermi solo laureata perchè il pezzo di carta lo danno a tutti e magari una punta narcisistica mi fa pensare che io possa avere qualcosa di più, una buona base per andare avanti.
Apprezzo molto il tono ironico dell’articolo, non pensiamo di essere tutti da buttare, ma non prendiamoci neanche troppo sul serio.
Saluti.