La vicenda Sallusti ci dice che ancora una volta sui media, spesso, non si dicono le cose come stanno, ma si fa spettacolo. Lo spettacolo, in questo caso, della gara a chi si scandalizza di più e meglio. Tutti a dire che sarebbe una vergogna se un direttore andasse in galera per un articolo. E il “colpo di scena” di oggi, 27 settembre con il giornalista Renato Farina che si autoaccusa ammettendo di essere stato lui a scrivere l’articolo oggetto della condanna è l’epilogo tragicomico di una vicenda dai contorni ormai grotteschi. Farina, dopo essere stato una spia dei servizi segreti che pubblicava notizie false facendosi pagare (e per questo fu radiato dall’Ordine dei giornalisti, anche se in realtà lui si era già autosospeso) oggi è un parlamentare del Pdl e , anche se ci fosse la revisione del processo come ha chiesto lui, oggi, con l’immunità parlamentare, non andrebbe in galera.
È stato dunque lui (così dice, almeno) a scrivere l’articolo incriminato con lo pseudonimo Dreyfus. Un articolaccio in cui si auspicava la condanna a morte del giudice Cocilovo, dicendo tra l’altro una cosa completamente falsa. Che era stato lui a costringere contro la sua volontà una povera ragazza di 13 anni ad abortire quando invece aveva dato il consenso, che è cosa ben diversa. La ragazza di origine peruviana era stata adottata da una famiglia italiana, ma i genitori si erano separati e tra la tredicenne e la madre adottiva non correva buon sangue.
Da qui l’intervento (dovuto) del magistrato che aveva avallato la soluzione meno tragica per una ragazza che tra l’altro aveva già dato segni di squilibrio mentale. Una storia triste, di miseria e disagio sociale, che qualunque giornalista serio avrebbe trattato con la dovuta delicatezza e soprattutto descrivendola nei suoi contorni reali. Cosa puntualmente fatta sia da “La Stampa”, che per prima aveva dato la notizia, che dall’agenzia Ansa. Non dagli avvoltoi di Libero che si sono gettati sulla vicenda per poter praticare il loro sport preferito. Quello di accusare la magistratura raccontando, tra l’altro, una storia falsa. Lo ammette oggi, Renato Farina, che quella ricostruzione fatta da Libero non era vera. Solo oggi Farina, guarda caso, dice di essere lui l’autore e chiede umilmente scusa al magistrato e la grazia per Sallusti.
Il giudice Cocilovo ha sempre detto che a lui interessava solo ristabilire la verità. Ha detto di aver chiesto a Sallusti di pubblicare una rettifica con le scuse e di versare una somma in beneficienza. Cosa che il direttore del giornale si è ben guardato dal fare continuando a sostenere la versione falsa della vicenda nonostante La Stampa e l’Ansa l’avessero ricostruita correttamente più volte. Alessandro Sallusti ha preferito insistere indossando i panni della vittima perseguitata dai magistrati comunisti. Oggi, dalle colonne della testata che dirige “Il Giornale” , continua a fare la vittima, mentre dal mondo politico e giornalistico si leva un coro scandalizzato. Si sprecano gli appelli, il Presidente della Repubblica riesamina il caso. Solidarizzano con Sallusti addirittura i suoi “nemici” Travaglio e Di Pietro. In pratica solo Massimo Fini ha detto che Sallusti dovrebbe andare in carcere.
Sulla stampa e i media in generale, oltre a dipingere nella quasi totalità il Sallusti come un martire delle turpi leggi liberticide italiane ( ma le leggi chi le fa se non i politici che oggi si scandalizzano?) si fa anche come spesso accade, la solita confusione. Quello di Sallusti (che comunque, anche se non l’avesse scritto lui ha pubblicato l’articolo) e di Farina, non è un reato di opinione. È una diffamazione aggravata a mezzo stampa compiuta con la pubblicazione di una cosa mai accaduta. E soprattutto, perché Sallusti, se sapeva che Farina non aveva detto la verità non ha pubblicato la rettifica sul suo giornale, e perché Farina ha aspettato oggi per dire quello che ha detto?
Ci avrebbero risparmiato questa disgustosa messa in scena. Una commedia che sembra quasi concordata a tavolino ancora una volta per attaccare la magistratura e per montare un caso “politico”.
Anche la considerazione secondo la quale non si può andare in galera per un articolo di giornale sembra un’ ipocrisia e non convince. E le dichiarazioni di tanti giornalisti sanno un po’di difesa della casta. Se a diffamare fosse stato uno qualsiasi, o magari un povero giornalista da 2 euro a pezzo (quello sì che è uno scandalo) in carcere ci sarebbe andato sicuro e di corsa, visto che non avrebbe avuto nemmeno i soldi per i ricorsi alla Corte d’Appello e alla Cassazione.
E ancora, è grottesco che i politici che governavano con Berlusconi chiedendo pene più dure per i giornalisti (perché colpevoli di lesa maestà nei confronti del capo) oggi gridino allo scandalo se un giornalista, condannato in Cassazione, rischia di scontare la pena. In questo senso l’intervento di Farina , deputato Pdl ex spia, che alla Camera ha ammesso tutte le sue colpe non è che la logica (e ridicola) conclusione di una vicenda paradossale e soprattutto poco seria.
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