LA FINE DEL MONDO

“Il 21 Dicembre 2012 ci sarà la fine del mondo e io non so ancora come vestirmi!”

Se leggete questo articolo vuol dire che vi siete salvati dalla fine del mondo, ma forse non del tutto dalla stupidità di molti presunti interpreti della cultura Maya. Non vorrei dedicare questo spazio ai dettagli del calendario Maya, ma la “notizia” nasce da lì, o almeno da qualche sua interpretazione. Esistono tante diverse reazioni su questo argomento. Qualcuno sorride e ci scherza, come ne caso della battuta che apre questo articolo. Qualcuno non le dà nessuna importanza, la dimentica subito. Però c’è anche chi l’ha presa sul serio, chi ha fatto un trasloco in una casa ai confini della civiltà e ha portato in un posto immaginato come “sicuro” la propria famiglia.

La reazione dipende dalla nostra struttura psichica, dalle paure ed ansie accumulate e non elaborate, ma anche dall’atmosfera sociale. La preoccupazione verso questo evento fantasioso potrebbe rappresentare la nostra paura di qualcosa che non possiamo controllare, oppure la paura per il futuro dei nostri figli. Potrebbe rappresentare la nostra delusione di non aver ancora realizzato nella vita i nostri progetti e sogni. Quello che mi preoccupa e incuriosisce nello stesso tempo è una specie di caos che l’eventuale fine del mondo ha veramente creato in alcune persone in particolari ambiti culturali, come per esempio quello americano.

Nel telegiornale in Slovacchia hanno presentato una piccola parte del film che hanno creato in America per spiegare alla gente impaurita che, scientificamente, la fine del mondo è impossibile e che la notizia proviene dai calcoli sbagliati del calendario Maya. Nello stesso telegiornale parlavano del disastro a New York e dello studente che ha ucciso 20 bambini e 6 insegnanti, e sulle proposte di rendere più difficile l’accesso alle armi per i cittadini. Il fatto che uno studente si mette a sparare sui bambini a scuola, è un sintomo della società in disagio. Nella cultura americana (più che in quella europea) è presente la paura a livello sociale, le sue radici sono profonde e queste emozioni di disagio sono abilmente sfruttate dal potere politico ed economico.

Il meccanismo d’innesco della paura funziona tramite la diffusione di informazioni catastrofiche tra la gente soprattutto mediante la televisione. Si tratta di notizie su malattie nuove o indefinite, incidenti di qualsiasi genere, violenza a casa, a scuola, o semplicemente per strada, disastri naturali, insomma tutto ciò che potrebbe riguardare direttamente la vita di chiunque. E’ importante che le notizie propongano che il pericolo è dappertutto e che non ci si possa fare niente, creando un clima di ansia sociale generalizzata che come reazione ha spesso, come accade sempre in risposta alla paura, una tensione aggressiva, come l’armarsi o il chiudersi in casa.

Per tutti quelli che stanno in ansia per la notizia sulla fine del mondo, avrei da dire: non preoccupatevi, la fine del mondo non è quella del 21 Dicembre 2012. Forse c’è già stata, quando uno studente americano ha ucciso 26 persone in una scuola (e nessuno prima non ha capito niente dei problemi del ragazzo). Il mondo è forse già finito e continua a finire con la perdita della qualità umana, fatta di empatia ed attenzione verso l’altro, in cambio di egoismo ed indifferenza. Finisce ogni giorno quando i palestinesi e gli israeliani continuano ad ammazzarsi. Il mondo finisce quando un bambino, nel 2012, muore di fame. Il mondo finisce quando un uomo decide di uccidersi perché non arriva alla fine mese. Il mondo finisce quando guardiamo la realtà e rimaniamo fermi, passivi, ignoranti. Il mondo finisce quando i valori economici, i valori del potere e del consumismo diventano i nostri miti più importanti, e non ci accorgiamo più di quello che di meraviglioso, come la natura, l’amicizia, lo sguardo di un bambino, abbiamo ancora intorno, e forse, abbiamo ancora il tempo per salvarlo.


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