Il sogno è complesso e difficile da interpretare, a causa del suo simbolismo. Di fronte ad esso è necessario un atteggiamento analitico e, al contempo, fantasioso, per poter cogliere ciò che Freud definiva contenuto latente, o più precisamente, il significato del simbolo che rimanda a qualcos’altro di significativo per il paziente: il denotato simbolico. Jung riteneva che i sogni fossero sostanzialmente incapaci di comunicare con la coscienza mediante un linguaggio corrente e abituale come quello logico, perché la sua natura è ancestrale e simbolica; al contempo il sogno deve esprimere concetti ed emozioni, pertanto, le sole parole non sarebbero all’altezza del compito. Con l’uso del simbolo, invece, i sogni esprimono più che semplici concetti, quali casa e madre, facendo intendere ben oltre ciò di cui siamo più o meno consapevoli a livello coscienzioso. La sintassi dei sogni, invece, è logica e lineare o, quanto meno, attraverso una sua strutturazione nell’interpretazione e un dialogo con il paziente, è possibile trovare nessi logici utilissimi per la conoscenza dell’individuo, dunque per la terapia stessa. La linearità dei sogni è finalizzata sul paziente e, sebbene nell’interpretazione sia inevitabile proiettare situazioni proprie dell’interprete, questa rimane uno strumento valido di conoscenza con cui poter scoprire un’ampia gamma di spunti sulla storia del sognatore.
In questo articolo andremo oltre il simbolismo collettivo o l’analisi delle immagini, situazioni e parole comuni a tutti i sognatori. Affronteremo la considerazione del denotato simbolico nei principali orientamenti psicoanalitici, di cui si serve l’onirologia moderna. Autori quali Freud, Jung, Jones e Klein dibattevano con toni accesi sui dettagli profondi dei sogni e dei denotati simbolici, ma in tutti è presente un orientamento comune, che grazie ad una pubblicazione del prof. Fornaro dell’università di Chieti-Pescara, riproponiamo in questa sede, visto l’avanzamento della ricerca empirica sull’analisi dei sogni dai tempi del Die Traumdeutung di Sigmund Freud.
Al fine di comprendere il denotato simbolico dei sogni, occorre tener presente che la memoria implicita svolge su di essi un ruolo di primo piano. Questo tipo di memoria si avvale della simbolizzazione, per narrare i propri contenuti. Se consideriamo la rilevanza degli avvenimenti passati riscontrabili nei sogni, comprenderemo anche l’importanza della sua funzione e della sua influenza sui contenuti manifesti, che saranno poi oggetto di interpretazione. Quest’ultima consiste in un’analisi di ogni simbolo contestualizzato nella trama e nella biografia del sognatore. Inoltre su tutti i sogni è necessario considera l’uso di farmaci e/o sostanze di vario genere che influenzano le trame.
L’interpretazione può essere “univoca”, nel senso che possiamo “accontentarci” di una sola via interpretativa, se si mostrerà sufficiente a fornire verità sul paziente e spunti per il rapporto terapeutico. Tuttavia l’analisi approfondita dei sogni e degli studi, in particolare dei padri della psicoanalisi, hanno messo in evidenza la complessità della simbologia onirica, dove ogni simbolo può andare oltre una sola interpretazione. Questa è la caratteristica principale dei sogni, che usano un “linguaggio traslato”, dicendo qualcosa pur intendendone un’altra e sono la sede, entro cui la mente rimette fitti rimandi consci ed inconsci del sognatore. Il linguaggio è indiretto, quindi carico di metafore, metonimie e simbolismi (collettivi ed individuali). Quanto descritto è comune agli autori citati, e tutti consideravano la peculiarità polisemica dei sogni non inferiore, ma propria dell’inconscio, a cui poi segue una elaborazione secondaria, per riorganizzare il suo messaggio utile al sognatore.
Una buona interpretazione, dunque, si avvale di due concetti basilari aggiuntivi a quelli già chiariti. In primo luogo i simboli sono parole, o quanto meno, l’organizzazione semiotica della mente ci “costringe” a trasformare in parole ciò che percepiamo dall’analisi del sogno. La parola svolge un ruolo delicato poiché in essa, come sosteneva Platone, noi ritagliamo, individuiamo e concettualizziamo la realtà, perciò è importante che l’interprete consideri, in primo luogo, le associazioni oggettive del sognatore, il contesto verbale e culturale nel quale questi vive e costruisce il rapporto terapeutico. E’ necessario che il terapeuta oscilli fra la propria realtà e quella del paziente e, non sempre, il sognatore deve essere messo di fronte alla realtà intuita dall’interprete:
in alcuni casi, infatti, è possibile individuare un desiderio di morte del sognatore. Questo pone in risalto un approccio cauto all’interpretazione e al dialogo, che deve essere a volte accomodante o perturbante in base alle esigenze e alle circostanze del caso. L’altro concetto importante è che i sogni devono essere considerati alla stregua della mente in toto. Così come la mente del paziente può indurlo a distorcere, mentire alla realtà a causa delle difese, anche nel sogno avviene lo stesso. Alcuni sogni, infatti, potrebbero semplicemente mettere in mostra il modo in cui il sognatore sta già interpretando la realtà oppure sul modo con cui la camuffa o la tradisce.
In merito alla natura dei denotati simbolici Freud, da un lato, considerava i contenuti manifesti come veicoli dialettali, che il simbolo o la parola significa in sé, e il sogno come un rebus enigmistico; dall’altro lato, riteneva il denotato simbolico “Vorstellung”, una rappresentazione di entità psichiche poste davanti al soggetto e descrivibili in una parola o in una frase di natura visiva o coincidente con il “pensiero” di un desiderio. In questi denotati Freud riscontrava in uno stesso sogno più significati adulti o infantili di natura desiderante. Il suo discepolo Jung, sebbene non escludesse un carattere individualistico del simbolo, lo considerava inesauribile e di natura più profonda e collettiva. Egli considerava i simboli come riferimenti a caratteri fisici e sessuali, ma anche a contesti più ampi. Ad esempio, l’Edipo non doveva essere considerato solo come un desiderio erotico sulla figura della madre, ma anche come la rappresentazione del ben più complesso ed ancestrale simbolismo della Madre e dell’amore. Del resto è ben nota la convinzione di Jung di un simbolismo universale, dei cosiddetti archetipi collettivi che definiscono la base psichica ed emotiva di tutti gli uomini, i quali condividono simbolismi appartenenti a popoli specifici e all’umanità intera. Lo stesso simbolo può essere chiaramente considerato in qualità collettiva e, non per questo, il suo significato è esaurito e limitato. Jung sosteneva che anche in questo caso la sua interpretazione possa essere dilatata, infinita, perché questa, è per sua natura, il simbolismo.
Jones credeva che il simbolismo dei sogni fosse attinente a elementi concreti, primari e soprattutto limitati. I sogni rappresentavano manifestazioni libidiche e primarie di legami parentali, rapporti sessuali, riguardanti il corpo, la nascita e la morte. Con il termine primario si riferiva naturalmente ai primi investimenti libidici, da cui si strutturano le simbolizzazioni secondarie, che ad essi sono riferiti. La sua posizione era nettamente contraria a quella di Jung; quest’ultimo, infatti, credeva che le idee di ordine astratto si riferissero alle idee concrete, che Jones riteneva, invece, non riferibili alle idee astratte.
Klein sosteneva che i simbolismi onirici fossero di due tipi, primitivi e maturi. Applicando la sua concettualizzazione delle relazioni oggettuali al denotato simbolico, ella riteneva che il simbolismo adulto fosse la risultanza di quel procedimento depressivo (posizione depressiva), attraverso cui il bambino crea analogie con il simbolo. Il simbolo in sé, ora maturo, è rappresentativo dell’investimento aggressivo e libidico sull’oggetto perduto, pertanto il simbolo diventa gnoseologico. A questo punto è possibile comprendere cosa rappresenta per il sognatore, a cosa si riferisce e i suoi investimenti affettivi. Con l’interpretazione dei simboli-oggetti primari, è dunque possibile comprendere l’organizzazione della conoscenza di quelli esterni. Nei simboli onirici Klein individua due simbolismi, come detto, da un lato quelli primitivi, più precisamente le cosiddette equazioni simboliche, nella quali una cosa è scambiata con un’altra, e che si manifestano nelle condizioni psicotiche; dall’altro i simboli maturi, in cui simbolo e simbolizzato presentano un’analogia. In questa analogia è possibile ricondurre le relazioni primarie, sulle quali il sognatore costruisce la conoscenza delle altre. Quando l’interprete traduce e concettualizza i simbolismi del sognatore, secondo Klein, egli deve tener conto del proprio punto di vista, perché quello del sognatore può essere in primis di origine psicotica od infantile, e quindi vissuta come identità confusiva nella quale il sognatore si “perde”.
Per ciò che concerne il parallogismo dei simboli, Freud riteneva che l’inconscio fosse costretto a trovare similitudini e distorcere il simbolo, per aggirare la censura della coscienza. Come Jones, anche Freud sosteneva che il lavoro cruciale nell’interpretazione dei sogni consistesse nello sciogliere i nodi del simbolismo, traducendolo in una forma mentis scientifica tipica della ragione. Quando aggira la censura, l’inconscio distorce il simbolo, confonde le rappresentazioni e genera rappresentazioni diverse. Jones, che per certi versi è in una via di mezzo fra il padre della psicoanalisi e Jung, riteneva che il simbolo si creasse cercando similitudini di certi attributi fra due oggetti e rifacendosi ad un simbolismo e ad un linguaggio arcaico rimasto nell’inconscio dell’uomo.
Jung, Bion e Lacan concentrano le loro attenzioni sulle verità della follia. Nel linguaggio, per l’appunto, folle va riscontrata la verità del simbolismo. Jung poneva prima di tutto il carattere collettivo a cui il simbolo onirico si rifà: dal dato in sé, il simbolo proietta l’uomo nell’infinità del senso simbolico, pertanto l’interpretazione del sogno ha come scopo la trasformazione del simbolo collettivo, del mito, nel soggettivo per il paziente. In definitiva nel simbolo vi è la verità assoluta, e con il simbolo è possibile mediare l’uomo in sé (e il punto dato) con l’assolutismo. Bion guardava il punto di confine dell’inconscio fra follia e creatività, dove gli “elementi beta”, le grezze afferenze emozionali, vengono trasformati in “elementi alfa”, i primi contenuti mentali, nell’ottica creativa con la quale i Kleiniani guardavano all’inconscio. Lacan riteneva i due linguaggi della mente, quello conscio e quello inconscio, sul medesimo piano. Entrambi usano una struttura, che è quella della metafora e della metominia e la differenza fra loro è la topologia, ossia il luogo nel quale vengono generati con le loro specifiche particolarità. E’ nell’inconscio, sostiene sempre Lacan, dove è possibile riscontrare la verità del paziente, individuabile negli inciampi dei discorsi nevrotici e nel pensiero linguistico-simbolico dell’inconscio che assume i caratteri di valore primario.
Vorremmo concludere con una considerazione sul rapporto fra simbolismo collettivo (considerato da Freud e Jung) e la loro trasformazione nel tempo. E’ indubbio che la maggior parte dei simboli collettivi, in particolare quelli di natura spirituale, persistano nelle epoche e nei popoli, alcuni di questi, tuttavia, sono suscettibili di cambiamento, non solo, nel significato ma anche nella forma.
Prendiamo ad esempio il simbolismo del serpente. Nel corso di un’interpretazione in cui manca un’eventuale associazione oggettiva del paziente, è difficile personalizzare un simbolo di tale portata e storia. Oltre le similitudini del significato del simbolo fra i popoli, è necessario un certo sforzo per contestualizzare il simbolo nel sogno specifico. Se il sogno, conviene l’onirologo, è orientato su un significato spirituale, è chiaramente auspicabile che l’interprete opti per una lettura del simbolo spirituale. Tuttavia, non è così semplice, infatti anche un simbolo così profondo come il serpente va contestualizzato e bisogna essere sempre pronti a interpretarlo ex novo in base all’epoca storica e alle tendenze mediatiche prevalenti.
Jones differiva molto da Jung, essendo contrario ad una lettura stereotipata e universale del simbolismo. A suo dire, infatti, ogni simbolo collettivo va compreso in base alla connessione fra le idee primarie, espressione dei bisogni fondamentali, e le identificazioni confusive e raccorciate con quegli oggetti che sono di comune esperienza fra gli uomini. Se all’epoca di Freud era ormai cosa comune considerare il dirigibile o il serpente quali simboli fallici, dal punto di vista di Jones era fondamentale considerare quell’associazione attinente solo a quell’epoca storica. Questo perché la mente utilizza l’investimento libidico già sostituito e, al contempo, esegue una vera e propria economia psichica (riduzione al familiare dell’ignoto).
Lacan, in conflitto con Freud, circa l’interpretazione fallica del serpente, riteneva che il singolo simbolo mitologico non è comprensibile di per sé, ma è in “rapporto oppositivo” con i simboli di una determinata cultura. Ogni simbolo non va considerato sull’analogia e la similitudine di immagini, ma sulla caratteristica accidentale ed equivoca del nesso fra simbolo e il suo significato, dove l’ex machina va intuita nella sostituzione dei significati.
Al fine di orientarci fra le posizioni differenti della psicoanalisi, ciò che l’interprete deve tenere maggiormente in conto è l’organizzazione semiotica della mente. Ogni simbolo, aldilà del modo in cui lo si vuole interpretare, è sempre riferito a qualcosa; ogni oggetto o persona non è mai solo tale.
Non capiremo mai un sogno, se consideriamo una croce quale croce e basta; occorre sempre partire dall’individuo e approdare nel collettivo, per comprenderne il simbolo e il significato, o meglio i significati. L’autore di questo articolo, di solito, individua un solo significato di un simbolo coerente con il resto del sogno, tuttavia è opportuno lanciare l’idea di significati paralleli al sognatore, per vedere che cosa comporta. In molti casi, infatti, il sognatore segue l’interprete e non esclude che dietro a quel simbolo vi siano più verità e significati. Questa posizione è fondamentale, quando l’oggetto di studio è un simbolo di grande portata, come le figure dell’altro sesso o famigliari.
All’onirologo spetta il compito di dirigere la vela, ma al sognatore occorre lasciare l’opportunità di ipotizzare qualunque rotta.
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E’ vero, dietro ad un simbolo si nascondono diversi significati, dunque un qualsiasi libro dei sogni può esservi d’aiuto per prendere spunto, avere idee ed aiutarvi nell’interpretazione, ma questa dovrà comunque essere personale.