I muri, costruiti per contenere gli spostamenti della gente, prima di essere eretti con reti o mattoni sui confini, s’innalzano nella testa quali barriere mentali tese a respingere il dolore e la consapevolezza della perdita di ogni libertà personale e sociale dei popoli condotti verso lo straziamento della condizione umana.
La fiacca Europa, impalcata sulle avidità economiche più che su stimoli unitari e collaborativi, sponsorizzata fin dall’esordio dal capobanda capitalista d’oltreoceano per assicurarsi un modello sociopolitico conforme ai suoi interessi, mostra la sua colpevole vigliaccheria nelle stragi di esseri umani, prima lasciati affondare nei mari, poi anche rinchiusi tra muraglie di filo spinato e di ostile indifferenza.
I ghetti di Idomeni e Calais, come i vari punti di respingimento e contenimento sparsi un po’ in tutta Europa sulle rotte dei migranti, rimarranno luoghi tragici della storia, come gli altri del passato che compongono la lunga mappa del percorso processionale dove s’intoneranno, sempre più penose, le giaculatorie del tardivo pentimento di colpe sempre più difficili da perdonare.
E’ questo il tempo e la gloria dei vari capipopolo del razzismo, ignobili discendenti di stirpi di barbari della ragione e pena dell’umanità, che scorrazzano nei media palesemente supportati non tanto da motivi di cronaca giornalistica, quanto da profonda emotiva convergenza anche con chi, conduttori e pubblico, razionalmente se ne distanzia.
Si guarda il buzzurro arringatore anti-migranti come il mandante osserva il sicario ingaggiato per il lavoro sporco, con palese disprezzo e sottaciuta ammirazione, come si tratta un bubbone purulento, schifoso ma necessario per lo spurgo dell’infezione.
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