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Chi trova un cattivo nemico trova un tesoro. Il malandrino in questione, in questi momenti drammatici dell’Europa che confina con la guerra, è ovviamente Vladimir Putin, l’autocrate russo che sta scatenando un inferno di dolore, morte e oppressione in Ucraina e in patria. In queste situazioni, oltrepassato lo sconcerto e la naturale empatica emozione verso i partecipi della tragedia, la nostra mente si porta a cercare di comprendere quella del responsabile di tale catastrofe.
Posso immaginare, mettendo insieme i dati storici della carriera politica di Putin, che questi sia affetto da una comune, in tali contesti, condizione di sofferenza narcisistica. Tale situazione porta normalmente a compensare con un falso sé potente una realtà di fragilità e sentimento mortificato del sé reale. In genere un’importante sofferenza narcisistica nasce da esperienze precoci di cattivo accudimento da parte di uno o entrambi i genitori o di chi ne fa le veci. E fin qui non c’è molto di nuovo: tali caratteristiche psicologiche sono comuni a quasi tutti i personaggi in lotta per il dominio.
Questa sofferenza può essere compensata dall’esercizio del potere, che, agito con sempre maggiore assolutismo, garantisce la riverenza dei sottomessi quale significato riparatorio dell’originaria ferita narcisistica. In tali condizioni l’equilibrio psichico può rimanere stabile per un certo periodo fino a che, qualcosa di interno o di esterno fa crollare il castello di carte faticosamente tenuto insieme. E siccome questo equilibrio è sempre precario, risulta suscettibile a sollecitazioni ben mirate da parte di chi ha l’obiettivo di far venir fuori il mostro con tutte le sue nefandezze.
Immaginiamo che Putin, pur non perdendo del tutto il contatto con la realtà, stia proiettando sulla situazione geopolitica russa dei sentimenti inconsapevoli di pericolo interno. Questi possono essere relativi ad un ripresentarsi dall’angoscia di annientamento psichico, frequente condizione nel narcisismo patologico, data dalla fragilità del sé artificiale compensatorio, che deve essere costantemente puntellato da significati sempre più forti relativi al potere ferocemente accaparrato.
In questa dimensione evocativa si vede un Putin lasciato solo, abbandonato a se stesso proprio da quei referenti del potere occidentale che ammira. E questi, oltre a snobbare il suo trono di nuovo zar della sconfinata ma marginale Russia, lo minacciano continuamente di accerchiamento. Il leader russo fa trapelare una passione per la retorica nazionalista e sovranista. Infatti si è sempre accompagnato piacevolmente con squallidi personaggi della destra internazionale. La fascinazione dell’uomo forte attrae perché compensa una realtà di figura di riferimento paterna inefficace, incapace di assumere responsabilità nelle scelte etiche, spesso violenta per mancanza di autorevolezza.
Tutti i fascismi e gli autoritarismi coltivano il mito dell’uomo forte, che è ovviamente un proiettato della debolezza reale della figura maschile di cui si ha avuto esperienza. E dalla disperata negazione dell’avvenuta attrazione erotica verso la figura paterna nel periodo edipico, che si realizza il furore omofobo comune a tutte le dottrine conservatrici e fasciste. Quello che accade quando il perfido despota di quella che fu la terra della rivoluzione d’ottobre cerca disperatamente di farsi notare con bombe, missili e carri armati che aggrediscono lo stato libero di Ucraina, è che tutti gli appartenenti al mondo occidentale si riuniscono compatti sotto il vessillo dei buoni.
Gli americani, che dal loro canto hanno fatto di tutto contro le libertà altrui, invasione di stati sovrani, rovesciamento di regimi politici democraticamente eletti a loro non graditi, appoggio a governi fantoccio fascisti che supportavano i loro interessi politico-economici, esecuzioni sommarie a distanza e molto altro infischiandosene altamente del diritto internazionale, ora assurgono a paladini della lotta contro la violenza dei russi in Ucraina. Paradossale a tal proposito è l’affidamento delle trattative diplomatiche tra russi e ucraini al despota turco Erdogan, o agli israeliani, incapaci di risolvere, se non con la violenza e la violazione dei diritti umani, il loro eterno conflitto con i palestinesi.
La tragedia della guerra paradossalmente, fa bene a molti, come a quei polacchi e ungheresi che hanno lasciato morire di fame e di freddo nelle foreste loro confinanti migliaia di profughi provenienti dalla Siria, dall’Afghanistan, dalle sofferenze del mondo mediorientale, e che oggi si vestono da ospiti caritatevoli e entusiasti dei profughi ucraini. Pare stia facendo bene anche nelle stanze del potere dei paesi europei, dove destra e finta sinistra alleati contro i russi guerreggianti, non hanno più remore nel flirtare sconciamente, ormai palesemente unite nel sacro vincolo del patrimonio.
Putin è un dittatore criminale, ma sta lì da diversi anni e ha ricevuto gli onori di tantissimi esponenti politici occidentali. Con la Russia di Putin sono stati fatti accordi commerciali, sono state prese iniziative di collaborazione in ambito politico e culturale, senza mai porre l’accento sulla questione della sempre più critica situazione in merito alle libertà negate nel regime post sovietico. Quello che ha fatto comodo agli occidentali della situazione russa moderna è che si fossero finalmente aperte le porte dello sfruttamento liberista delle risorse. Per il capitalismo occidentale è sempre stato meglio un dittatore, e molti sono stati appoggiati o confezionati a proposito, che un governo rispettoso delle libertà e quindi attento agli interessi del popolo.
Adesso, tra i fumi della guerra e le accese condanne condite da sanzioni economiche sempre più aspre dell’occidente, forse c’è da prendere coscienza delle responsabilità di tutti, compresi i cittadini russi che hanno manifestato più volte il loro apprezzamento per le posizioni scioviniste, omofobe, misogine e anti libertarie del loro leader. Nessun Stalin, Hitler o Putin avrebbero potuto fare i disastri che hanno fatto senza l’appoggio, almeno in parte e almeno per un periodo della loro ascesa al potere, di molti che invece da questi personaggi profondamente disfunzionali si sono lasciati affascinare.
Per la riduzione del danno, riconoscendo che il problema non è stato mai affrontato nella giusta misura, forse sarebbe utile per fermare la guerra assecondare alcune richieste russe in merito alle attività espansionistiche della NATO, organizzazione che non avrebbe più motivo di esistere dopo la fine della controparte che fu il Patto di Varsavia, se non come braccio militare del capitalismo occidentale.
Per la difesa degli stati sovrani e per la pace, piuttosto che creare un esercito dell’Unione Europea, di nuovo favoreggiando interessi di parte degli auto proclamatisi buoni, basterebbe un’organizzazione internazionale degli Stati realmente paritaria a differenza dell’ONU, che possa garantire, anche con la forza quando necessario, il rispetto dei diritti dei popoli, opponendosi a qualsiasi forma di aggressione o invasione.
Ma ancora più importante credo sia lavorare tutti per l’espansione di un etica del potere quale espressione della vera sovranità popolare, dove non basta poter eleggere il proprio dittatore per definirsi democrazia, come fanno le pseudo democrazie liberali d’occidente.
C’è urgenza di sviluppare una cultura antimilitarista, tollerante e inclusiva, favorevole al dialogo e alla collaborazione tra i popoli, alla equa distribuzione delle risorse e al rispetto delle necessità ecologiche del pianeta che ci ospita. Una visione della condizione umana che rifiuti lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, quello indiscriminato delle risorse comuni a favore della ricchezza e del potere di sempre più avidi accaparratori. Bisogna avere il coraggio di mettere in discussione i valori fondamentali del capitalismo, utilizzati per la determinazione del significato positivo del sé da sempre più persone manipolate dall’egemonia della cultura calvinista anglosassone.
Fondamentale è che ci sia consapevolezza del pericolo delle concentrazioni di potere su pochi o singoli individui spesso affetti da narcisismo patologico. Personaggi che risultano particolarmente affascinanti nel loro delirio d’onnipotenza, andando a sostituire nei loro acclamatori la figura genitoriale danneggiata, ma che in realtà sono creature altamente distruttive, capaci di seminare sofferenze e morte nel loro attraversare la storia.
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