LA SOSTITUZIONE ETICA

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Ripristinare gli istinti primari aggressivi per creare un clima di violenza all’interno del vissuto sociale, per poi agire con brutale repressione ed esaltazione dell’autoritarismo. Questo è uno degli scopi delle teorie sull’invasione e sostituzione da parte degli stranieri, ma solo quelli poveri, quindi sporchi, brutti e cattivi, delirate dalla destra in ascesa di consensi nell’ambito del sempre più anglosassonicamente egemonizzato “occidente”. La sostituzione etica si realizza con il rimpiazzo della morale calvinista capitalista sui valori originari delle culture dell’Europa centro-meridionale e orientale e delle dottrine religiose in esse radicate, preminentemente di credo cristiano, cattolico e ortodosso, e in minoranza ebraico. Questa è la chiave di volta per comprendere i cambiamenti del modo di agire sociale che si evidenziano sempre più drammaticamente nel nostro presente.

L’etica è quell’insieme di valori che oltre a tenere significativamente coerente un gruppo etnico, da il senso dell’opportunità dell’esistenza per ogni singolo individuo. La presenza del principio del giusto concede all’essere umano il viatico per la genesi del futuro, che potrà essere caldo e accogliente quanto freddo e repellente, creando così la storia dell’immaginario psichico e della relazione dell’uomo con se stesso e con gli altri. L’etica è centrale nella costruzione dell’altro, e nel sistema valoriale calvinista anglosassone questo è definito prevalentemente come avversario e contendente nella lotta per il raggiungimento dello scopo individuale dell’arricchimento materiale.

Tale elaborazione dei processi psicosociali di relazione genera un presente totalizzante e aggressivo, che fagocita il futuro e lascia la persona nella tragedia di un isolamento infinito, carico di fantasmi di annichilimento e di persecuzione. La reazione al mancato formarsi di un accogliente futuro e la minaccia di annientamento scaturita dall’estrema conflittualità e dalla lotta di competizione sociale, è inevitabilmente violenta. L’istinto di conservazione aggredisce qualsiasi minaccia per l’esistenza del singolo, che in un estremo delirio di persecuzione genera indistinta distruzione intorno a se. Contrariamente a quanto paventato da più parti nel dibattito sulle conseguenze della presa di potere istituzionale da parte della destra, quindi sul suo tentativo di sostituire con valori antidemocratici i fondamenti antifascisti del nostro sistema culturale, io credo che sia più da temere la strisciante e poco consapevolizzata sostituzione etica in atto, quella effettuata dalla cultura anglosassone.

Non che le conseguenze della destra al comando saranno trascurabili, sarà distrutto quello che rimane dello stato sociale, della sanità pubblica, aumenteranno i privilegi per i potenti e si assottiglieranno i diritti e le garanzie delle parti più fragili della società. D’altronde la destra, miscuglio d’ignoranza e sottomissione al potere, farà il suo lavoro, e questo non sarà sufficientemente contrastato a causa anche della convergenza etica indotta dall’egemonia della cultura del valore positivo della ricchezza, della competizione, della glorificazione della libertà individuale deresponsabilizzata socialmente. Un sintomo di questa condizione che la nostra cultura sta vivendo è la continua caccia al colpevole, per creare obiettivi su cui scaricare la responsabilità di un malessere che spesso ha cause molto più estese e complesse. Per esempio, quando si analizza il problema della crescente aggressività dei giovani, o della loro incapacità di adattamento alla realtà e di reazione alle frustrazioni, spesso s’inveisce contro altre categorie, come i genitori, tacciati d’irresponsabile azione antieducativa.

Non che questo non sia vero, ma così si sposta il problema da una categoria all’altra, creando nuovi mostri che, se ora condannati allo sprofondamento negli inferi, un giorno non si potrà fare a meno di occuparsene, se si vorrà comprendere l’origine del loro disagio. In realtà quello di cui non ci si vuole occupare, spostando di volta in volta le responsabilità e le colpe di ogni nefandezza che si realizza nel nostro villaggio morale, è la maestosa pervasività della cultura proveniente dalla potenza economica, militare e mediatica d’oltre oceano. L’ignara adesione al modello culturale anglosassone crea, oltre alla naturale difesa dei principi da questo diffusi, l’incapacità di partecipare alla critica e al contrasto verso meccanismi di manipolazione e di virtualizzazione sociale, quali la pubblicità e le reti sociali, vissuti sempre più passivamente, cogliendone solo le convenienze utilitaristiche e narcisistiche.

Quello di cui ancor di più non ci si vuole occupare è lo sdoganamento della ricchezza, non più significante di accaparramento di risorse a scapito degli altri, ma di legittima conquista per glorificare il valore individuale, come da prescrizione del credo calvinista. Oggi nella nostra società globale chi osa criticare la ricchezza, o addirittura inveire contro questa quale crimine contro l’umanità, viene vissuto quanto meno come affetto da grave disadattamento sociale, probabilmente appartenente a qualche stravagante, se non sovversiva, setta catastrofico-millenarista. L’inizio di questa ondata massiccia di mutazione etica si può far risalire ai primi anni ’80 del secolo scorso. Io ricordo bene i giganteschi cartelli pubblicitari che spuntavano improvvisamente lungo le strade più trafficate delle nostre città. “Torna a casa in tutta fretta, c’è un biscione che ti aspetta” recitava lo slogan che riuscì a convincere milioni di italiani a rinchiudersi in casa per sbavare davanti allo schermo della neonata tv commerciale, poi meglio definita “tv spazzatura”, importata tale e quale dall’America da Berlusconi.

Ma se milioni di italiani si lasciarono ammaliare e profondamente condizionare culturalmente dal nuovo paradiso dei balocchi proiettato dagli schermi della tv, fu questo soprattutto il sintomo esacerbato di un malessere gia presente nella nostra società. Una civiltà non è fatta solo di fronzoli folkloristici e di simboli culturali, è fatta anche di memoria e di tentativi di smaltire tutti i postumi delle tragedie ricorse indietro nella storia. E la nostra storia era carica vissuti catastrofici, e senza dover volgere lo sguardo troppo lontano, appena dietro le spalle si stagliava il tetro mausoleo dell’orrore nazifascista. E con il susseguirsi del sangue della guerra, che aveva inondato le macerie delle città e delle anime dei popoli europei. Certo è che chi soccombette alle lusinghe del nuovo paradigma culturale offerto dalla televisione immondizia di Berlusconi e compari, non fu certo aiutato dalla mancata opposizione che sarebbe dovuta giungere dai movimenti politici e di opinione progressisti che proprio in quegli anni stavano per cedere al disimpegno del riflusso.

Infatti dopo l’entusiasmo del riscatto civile degli anni ’70 che portarono (oltre alla migliore musica della storia dell’umanità…) importanti conquiste nel campo dei diritti del lavoro, delle minoranze e della vita comunitaria, si assistette al completo disfacimento delle correnti culturali più avanzate. Queste fuono fiaccate dalla fatica delle lotte ideologiche, troppo spesso convertitesi in criminale violenza terroristica, e finite dall’azione manipolatoria del nuovo reazionario agente culturale, che si presentava nelle famiglie italiane con il mellifluo sorriso degli imbonitori televisivi. I cambiamenti sociali hanno sempre motivazioni complesse quando questi non scaturiscono da eventi cruenti e drammatici improvvisi, e ciò vale anche per la sostituzione dei valori morali avvenuta nella nostra civiltà. Senza complicare ed espandere il discorso con analisi sempre più impegnative sull’origine e sulla causa della mutazione etica che abbiamo vissuto, considerando che i grandi cambiamenti culturali sono possibili solo se c’è una grande visione comune, un’idea collettiva di cambiamento, il primo passo che dobbiamo fare se vogliamo uscire da questa deriva regressiva è quella di non credere all’eroe salvifico.

Se il desiderio più ambito in noi che non riusciamo ad arrenderci alla visione tetra e deprimente dei negazionisti dell’uguaglianza e della sacralità di ogni essere umano, è quello di riportare nei ripostigli della storia le scorie concettuali di razzismo, fascismo, sovranismo e autoritarismo. Dobbiamo impegnarci innanzitutto a prendere consapevolezza della grave situazione di condizionamento soprattutto mediatico in cui viviamo. Poi bisogna uscire dalla comodità castrante, e complice nell’azione manipolatoria, delle partecipazioni e rappresentazioni virtuali e ricreare una socialità reale. Attenderemo che da questa prenda vita una nuova idea collettiva di partecipazione e di rinnovato orgoglio libertario e democratico, anche con valenza utopica, ma che sappia leggere correttamente il presente riuscendo a fare i conti con il passato, per disegnare un futuro possibile, caldo, accogliente e luminoso.


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