Cassazione: le coppie gay hanno pari diritti. LSD utile contro l’alcolismo. Gli Usa rivendicano “licenza di uccidere”. Psichiatra: stop a brutte notizie in tv, stimolano attacchi panico. Pedofilia on line, telefono arcobaleno: li cercano sempre piu’ piccoli. Roma: con la “civil card”, nel X Municipio chi nasce in Italia è “italiano”. Donna, giovane, precaria (o in carriera) e depressa. Una terapia cognitivo-comportamentale contro i sintomi della menopausa. I problemi di comportamento dei bambini che russano.
CASSAZIONE: LE COPPIE GAY HANNO PARI DIRITTI
(Corriere della Sera) In Italia non può essere riconosciuto un matrimonio omosessuale regolarmente registrato in un paese estero ma allo stesso tempo la coppia ha il diritto legale a ricevere un «trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata». Lo afferma la Cassazione, in una sentenza depositata giovedì che è destinata a far discutere.
La Suprema Corte, infatti, evidenzia come non sia possibile, con l’attuale legislazione, «far valere il diritto a contrarre matrimonio, né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all’estero». Ma nel testo della sentenza 4184 si legge anche che questa «intrascrivibilità delle unioni omossessuali dipende non più dalla loro ‘inesistenza’, e neppure dalla loro invalidità, ma dalla loro inidoneità a produrre quali atti di matrimonio, appunto, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano». Ciò non toglie, però, che le coppie gay, come i coniugi, abbiano lo stesso diritto a una «vita familiare» e a esigere e a farli valere quanto gli altri. Il caso in esame era quello di due uomini che, nel 2002, si sono sposati all’Aia, in Olanda, e hanno poi chiesto la trascrizione del certificato di nozze, come atto pubblico, al comune dove risiedono, quello di Latina. Al rifiuto dell’ente di riconoscere questo certificato, e quindi il matrimonio, la coppia ha fatto ricorso sia in Tribunale che alla Corte d’Appello di Roma. I due ricorsi sono stati respinti, e da lì è partita la nuova istanza per la Cassazione, dove la Prima Sezione Civile motiva la sua decisione – che è comunque di rigetto del ricorso – in circa 80 pagine.
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LSD UTILE CONTRO L’ALCOLISMO.
(Aduc) Non solo potente allucinogeno, ma anche un valido aiuto contro il vizio dell’alcol -è quanto emerge da varie ricerche degli anni sessanta e settanta, riprese in mano e valutate da due studiosi che si sono imbattuti in nozioni cadute nel dimenticatoio. Il movimento hippy è pressoché imprescindibile dall’LSD. Fino al 1966 il dietilamide-25 dell’acido lisergico (LSD) era legale in Usa e veniva usato spesso. Ne bastano piccole dosi per far sorgere allucinazioni anche di una certa durata, ciò che può essere utile non solo per la psicoterapia. La sostanza regala esperienze spirituali e la sensazione d’essere uniti all’universo intero, come raccontano molti consumatori; la percezione del tempo cambia, i sensi si acuiscono, nascono allucinazioni di vario tipo. Ma non tutte le esperienze con l’LSD sono piacevoli. Chi è colpito emotivamente può ritrovarsi in un viaggio dell’orrore con stati di panico, disorientamento e sintomi simili alla psicosi e perdita di controllo. Nell’ampia diffusione di LSD degli anni sessanta queste cose non erano rare, così molti Stati lo proibirono, e dagli anni settanta la ricerca su questa sostanza è praticamente cessata. Alcuni ricercatori sostengono da tempo che ciò sia stato un errore, giacché l’LSD può dare dei benefici in campo medico, soprattutto perché non crea dipendenza.
Ora, due studiosi hanno riesaminato sei studi dei tardi anni sessanta-primi anni settanta, in cui 536 alcolisti furono trattati con l’LSD. Risultato: l’LSD ha “un chiaro e consistente effetto benefico” nella terapia contro il vizio del bere.
T.Krebs e P.Johansen dell’Università di Tecnica e Scienze naturali di Trondheim (Norvegia) si sono concentrati su indagini cliniche controllate, cui avevano partecipato pazienti non schizofrenici né affetti da altre psicosi. I partecipanti furono inseriti in modo casuale nei tre gruppi: trattamento con LSD; con altre sostanze; con placebo. Come scrivono i due nel Journal of Psychofarmacology, l’allucinogeno mostrava un effetto positivo in ognuno degli studi esaminati. Il 59% degli alcolisti trattati con LSD stava meglio dopo la prima verifica, contro il 39% dei gruppi di controllo. La scoperta più sorprendente è stata forse il lungo termine, ossia che l’effetto durava sei mesi anche dopo una sola dose.
Nel cervello l’LSD agisce sul neurotrasmettitore serotonina. In questo modo, spiega Krebs, si formano nuove connessioni tra cellule nervose e anche nuove prospettive rispetto al comportamento individuale. “Alla luce dell’evidente effetto curativo dell’LSD nell’alcolismo è strano che il suo impiego sia così ignorato”, dice Johansen.
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GLI USA RIVENDICANO “LICENZA DI UCCIDERE”.
(Rassegna.it) Il governo ha il “diritto” di eliminare cittadini americani in caso di “minaccia imminente” per la sicurezza degli Stati Uniti. E senza aspettare il verdetto di un giudice. Il governo americano ha licenza di uccidere. E non parliamo di pena di morte, ma del “diritto” di eliminare cittadini americani in caso di “minaccia imminente” per la sicurezza degli Stati Uniti. Lo ha dichiarato da Chicago il ministro della Giustizia di Washington, Eric Holder, di fronte alla Scuola di diritto della Northwestern University di Chicago.
“Il nostro governo – ha detto – ha il diritto e direi anche la responsabilità” in “alcuni casi” di utilizzare “la forza letale” per difendere gli Stati Uniti “in modo adeguato e legale”. E questo, anche se “qualunque decisione di usare la forza letale contro un cittadino degli Stati Uniti, anche qualcuno che abbia intenzione di assassinare americani e sia diventato leader operativo di al Qaida in terra straniera, è tra le più gravi che i responsabili governativi possano dover affrontare”.
Le parole del ministro di Obama si riferiscono al caso di Anwar al Awlaki, il leader ed ideologo di al Qaida nato in America e ucciso dalla Cia con un un razzo lanciato da un drone in una remota regione dello Yemen il 30 settembre 2011. Una vicenda che ha sollevato diversi interrogativi e critiche.
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SALUTE: PSICHIATRA, STOP A BRUTTE NOTIZIE IN TV, STIMOLANO ATTACCHI PANICO
(Adnkronos Salute) Guerre, rapimenti di cooperanti all’estero, crisi economica galoppante, naufragi di navi da crociera. Le brutte notizie la fanno da padrone in televisione, dove le storie a lieto fino sono ormai sporadiche e relegate in coda ai tg o nei talk show pomeridiani. Troppo poche. “Un’esposizione mediatica che raggiunge il cervello e lo induce ad avere principalmente due reazioni: una di indifferenza, con la perdita di empatia e compassione, un metodo difensivo per mantenere l’equilibrio. E un altro che ‘assorbe’ le negatività sviluppando ansia, insicurezza sino a depressione e attacchi di panico”. Lo sostiene Giorgio Maria Bressa, psichiatra a Roma e docente di Psicobiologia del Comportamento presso l’Università Pontificio Ateneo Salesiano di Viterbo. “Una civiltà interconnessa e altamente informata – dice l’esperto – non può sottrarsi facilmente a questo ‘blob’ di informazioni negative. Si crea così un ‘umore collettivo’, sulla scorta del modello dell’inconscio ipotizzato da Jung, che si instaura e si propaga proprio come un virus. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un aumento verticale delle richieste di aiuto per disturbi d’ansia generalizzata e per i suoi eventi più acuti, gli attacchi di panico. La gente sente un continuo senso di perdita, di stress, paura per il futuro che appare poco certo. Riscontro continuamente sentimenti amari, di perdita di fiducia e di speranza che possono gettare le basi della depressione”. Gli attacchi di panico si manifestano con una paura intensa senza una causa particolare e durante lo svolgimento di normali attività quotidiane: guidando o al lavoro, a casa o in qualsiasi altra situazione. Respirazione accelerata, tremori, sudorazione profusa, nausea, palpitazioni dolore al petto, sensazione di immobilità e morte imminente e perdita delle facoltà mentali li caratterizzano. “Se non trattato – spiega lo psichiatra – il disturbo porta a un ritiro graduale dalla vita sociale e a un decadimento della qualità di vita, situazioni che ho descritto nel libro ‘Mi sentivo svenire’ edito da Ipoc (Italian Path of Culture). La salute mentale – conclude – dovrebbe essere considerata un diritto. Destinare maggiori risorse a questo settore avrebbe ripercussioni positive su molti settori della vita sociale”.
PEDOFILIA ON LINE, TELEFONO ARCOBALENO: LI CERCANO SEMPRE PIU’ PICCOLI
(Dire – Notiziario Minori) L’Osservatorio Internazionale di Telefono Arcobaleno pubblica il16° Rapporto annuale sulla pedofilia in internet. Il rapporto mostra, ancora una volta, le reali proporzioni e le logiche del piu’ spietato mercato della new economy: nell’anno 2011, l’Organizzazione ha inviato agli Internet Service Provider coinvolti 71.806 segnalazioni relative alla presenza di materiale pedopornografico sul web, circa 10 mila in piu’ rispetto all’anno passato, in continuita’ con l’espansione registrata nei periodi precedenti. “Il mercato della pedofilia in internet ha come merce di scambio bambini sempre piu’ piccoli – afferma Telefono Arcobaleno – che, nel 40% dei casi rilevati, hanno meno di 5 anni; un mercato che non ha nulla di virtuale ma che, al contrario, sfrutta infinite volte le immagini e i video di abusi e violenze realmente commessi”.
Dall’analisi dei dati rilevati nell’ambito dell’attivita’ di monitoraggio di Telefono Arcobaleno, emerge, inoltre, una sempre maggiore presenza della pedofilia sui principali Social Network, che risulta aumentata del 20% rispetto all’anno precedente. La maggior parte dell’offerta pedofila in rete si conferma di matrice europea (73%) e nordamericana (23%) con i Paesi Bassi che continuano a ricoprire i primi posti della classifica, seguiti da Stati Uniti, Germania e Federazione Russa.
Sono proprio i Paesi Bassi a registrare, negli ultimi cinque anni, l’aumento piu’ significativo dei materiali pedopornografici ospitati che rappresentano il 40% dei casi rilevati da Telefono Arcobaleno nel 2011 (nel 2007 erano l’11% delle segnalazioni annue). I pedofili sulla rete – si legge nel rapporto – sono prevalentemente di nazionalita’ americana, tedesca, inglese, francese, russa e italiana e appaiono tecnologicamente attrezzati ed evoluti: dall’analisi di un campione degli accessi a uno dei numerosi siti illegali individuati da Telefono Arcobaleno emerge, infatti, che circa un terzo degli utenti fa uso di smartphone oppure adopera hardware e sistemi operativi di ultima generazione”. La pedofilia on line, attraverso l’analisi dell’Osservatorio Internazionale, emerge in tutta la sua complessita’ e nelle sue reali dimensioni. “Le azioni di contrasto adottate finora, invece – sottolinea Telefono Arcobaleno -, appaiono spesso distanti dal reale problema e risultano essere del tutto inoffensive per le organizzazioni criminali che gestiscono la maggior parte delle attivita’ pedofile in rete. In questo scenario, il Rapporto annuale puo’ essere considerato come strumento utile per orientare le azioni di contrasto alla pedofilia in rete, nella convinzione che solo partendo da una conoscenza approfondita e completa del problema si possano adottare interventi efficaci e incisivi”.
ROMA: CON LA “CIVIL CARD”, NEL X MUNICIPIO CHI NASCE IN ITALIA È “ITALIANO”
(Redattore Sociale) Una tessera nominativa da rilasciare ai cittadini nati in Italia da genitori stranieri per certificare il loro diritto di pre-cittadinanza: è la Civil Card, approvata con delibera di Giunta dal X Municipio, martedi 6 marzo 2012. Rilasciata attraverso gli uffici anagrafici del piccolo Campidoglio di Cinecittà, la card ha lo scopo di ricordare ed esplicitare il diritto di riconoscimento delle cittadinanza italiana a tutti quei neo-diciottenni nati in Italia da genitori stranieri e residenti in modo continuativo e permanente. “La decisione del X Municipio – spiega una nota diffusa dalla stessa Giunta del X Municipio – s’inserisce in un’estesa campagna per estendere i diritti di cittadinanza anche ai figli degli immigrati, come peraltro già avviene negli altri paesi europei, una battaglia che vede in prima fila lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, oltre allo stesso ministro Riccardi e a moltissime personalità politiche e religiose, a intellettuali, esponenti dell’associazionismo cattolico e laico, dei partiti, dei sindacati”.
Al compimento del diciottesimo anno di età, un giovane nato in Italia da genitori stranieri che dimostri residenza continuata e permanente può chiedere di ottenere la cittadinanza: il processo non è automatico e richiede un tempo in cui i diritti delle persone coinvolte sono per così dire “sospesi”. L’ordinamento giuridico italiano, infatti, non detta a livello costituzionale i principi relativi alle modalità di acquisizione della cittadinanza, ma individua nella legge n.91 del 1992 il principio generale nello “ius sanguinis”, ovvero nella trasmissione della cittadinanza per discendenza. Lo “iure soli” invece, ovvero il diritto all’ottenimento della cittadinanza connesso alla nascita nello Stato Italiano, non è presente nel nostro quadro normativo se non nelle fattispecie indicate dalla legge citata. Lo stesso diritto è comunque tutelato dalla Convenzione europea sulla Nazionalità.
Tra i “considerato” in delibera, si legge poi l’impostazione culturale da cui deriva l’atto amministrativo e anche la ratio che c’è alla base del provvedimento: “in ragione del fenomeno socio-demografico, è ormai in atto da tempo nel nostro paese un dibattito politico culturale e poltico in rodine all’opportunità di concedere la cittadinanza italiana ai figli, nati in Italia, di cittadini immigrati, in quanto spesso questi stessi bambini, ragazzi e ragazze sono perfettamente integrati sotto il profilo socio-culturale con la comunità italiana in cui stabilmente risiedono e di cui fanno integralmente parte, recependone la lingua, gli usi e i costumi”.
DONNA, GIOVANE, PRECARIA (O IN CARRIERA) E DEPRESSA
(Corriere della Sera) Giovani, depressi e disoccupati (o superlavoratori). Più spesso donne. Un ritratto abbastanza calzante di chi soffre di depressione in Italia, almeno stando ai risultati di un’indagine condotta su oltre settemila italiani nell’ambito di un sondaggio internazionale condotto da Kanthar Health per AstraZeneca, che ha coinvolto più di 57 mila europei anche in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. Scopo, tracciare l’identikit della malattia oggi cercando di capire come vivono i pazienti, quali problemi affrontano più spesso sul lavoro o nella vita quotidiana, quali disturbi si accompagnano alla depressione. Innanzitutto, si scopre che circa un italiano su dieci ha convissuto con il “male oscuro” nel corso degli ultimi dodici mesi: un dato non molto diverso da quelli registrati negli anni scorsi che se non altro fa tirare un sospiro di sollievo, la depressione non è in aumento come alcuni sospettano. «Semmai, oggi la conosciamo meglio rispetto al passato per cui ci accorgiamo di casi che prima restavano nell’ombra — osserva Liliana Dell’Osso, direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa —. La nostra società è molto competitiva, chiede “prestazioni” sempre maggiori e questa pressione fa emergere anche i quadri depressivi più lievi: oggi pure sintomi blandi possono rivelarsi incompatibili con l’efficienza e la produttività 24 ore su 24».
Non a caso una ricerca finlandese di poche settimane fa ha avvertito: chi fa spesso gli straordinari lavorando 11 ore al giorno ha una probabilità due volte maggiore di ammalarsi. Ne sanno qualcosa le donne, a rischio doppio di depressione grave rispetto agli uomini: «Sono più esposte a fattori stressogeni: per loro mantenere un lavoro e un reddito è più complicato, pure la gestione del tempo è difficile visto che sono molte di più le ore di lavoro domestico e cura familiare in più sulle spalle del sesso femminile — spiega Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli di Milano —. Inoltre le donne sono più spesso vittime di violenze in ambito domestico e non, e questo è uno dei fattori “ambientali” che più incidono sul rischio di ammalarsi». L’indagine segnala che i depressi sono mediamente giovani e altri studi confermano che l’età d’esordio si sta abbassando, a volte al di sotto dei 20 anni probabilmente a causa delle sostanze di abuso, come alcol o droghe. Ma quello che più colpisce fra i dati raccolti è l’evidente difficoltà dei pazienti sul lavoro e nelle relazioni sociali: i depressi hanno più raramente degli altri un posto a tempo pieno, sono più spesso in cerca di un’occupazione, in un caso su tre denunciano un reddito basso. Chi un impiego ce l’ha è costretto ad assentarsi di frequente per colpa della malattia, o magari va in ufficio ma senza combinare granché: conseguenza, un calo della produttività consistente rispetto a chi non deve fare i conti con un disturbo dell’umore.
I depressi sono inoltre più spesso single, divorziati, separati o vedovi: la vita a due è allora un “antidoto” alla depressione? Leggi tutto: http://www.corriere.it/salute/12_marzo_12/dossier-depressione-meli_9e15d75c-69e9-11e1-b42a-aa1beb6952a8.shtml
UNA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE CONTRO I SINTOMI DELLA MENOPAUSA
(Sanità News) Alcune sedute di terapia comportamentale possono aiutare le donne a trovare sollievo dalle vampate di calore tipiche della menopausa. E’ quanto emerso da uno studio britannico pubblicato sulla rivista Menopause secondo cui dopo sei settimane di terapia cognitivo-comportamentale, piu’ dei due terzi delle donne che hanno partecipato a sessioni di gruppo o auto-aiuto ha riscontrato un calo ‘clinicamente significativo’ dei problemi legati alle vampate di calore e alla sudorazione notturna. Attualmente e’ la terapia ormonale sostitutiva a essere considerata come il piu’ efficace trattamento contro le vampate di calore. Ma dati i diversi effetti collaterali delle cure ormonali (rischi maggiori di malattie cardiache e cancro al seno) restano tante le donne che aspirano a rimedi alternativi. “Questi risultati suggeriscono che la terapia cognitivo-comportamentale e’ un’opzione di trattamento efficace per le donne durante la transizione verso la menopausa e la postmenopausa”, ha precisato Myra Hunter, autrice dello studio del King’s College di Londra. La terapia cognitivo-comportamentale e’, infatti, una valida opzione di trattamento per problemi che vanno dalla depressione all’insonnia ai disturbi digestivi. Il suo scopo e’ modificare i modelli di pensiero e i comportamenti malsani che possono alimentare i sintomi fisici. “La terapia – ha detto Hunter – prevede lo sviluppo di approcci utili all’accettazione del sintomo coadiuvati da esercizi di respirazione per focalizzare l’attenzione lontano dai flash di calore e dai pensieri negativi”. L’indagine ha reclutato 140 donne con vampate e sudorazioni notturne con almeno 10 episodi sintomatici a settimana e ha assegnato loro in modo casuale la terapia di gruppo e quella di auto-aiuto. Dopo sei settimane, il 65% delle donne che ha subito la terapia di gruppo ha registrato un calo significativo nei sintomi. Per quelle sottoposte a terapia di auto-aiuto la percentuale e’ salita al 73% contro il 21 delle donne che non avevano ricevuto alcun trattamento.
PROBLEMI DI COMPORTAMENTO PER I BAMBINI CHE RUSSANO
(Sanitanews.it) I bambini che russano, o hanno problemi respiratori notturni, sono piu’ a rischio degli altri di incappare crescendo in problemi comportamentali. Lo rivela uno studio condotto su 11 mila bimbi britannici e pubblicato su Pediatrics. Apnee notturne e russamento, dunque, favoriscono il manifestarsi, con la crescita, di problemi come l’iperattivita’ nei piccoli. Secondo la responsabile del team di ricerca, Karen Bonuck, i problemi del sonno a lungo andare potrebbero danneggiare lo sviluppo del cervello dei bambini. Una stima suggerisce che un bimbo su 10 russa regolarmente e il 2-4% soffre di apnea del sonno. Spesso la colpa e’ di tonsille o adenoidi ingrossate. Ma se negli adulti questi problemi possono provocare una sonnolenza diurna, nei bambini alcuni studi avevano gia’ puntato il dito su deficit di attenzione e iperattivita’. I ricercatori dell’Albert Einstein College of Medicine alla Yeshiva University di New York hanno voluto vederci chiaro. Cosi’ hanno coinvolto i genitori di 11 mila bimbi (inclusi nell’Avon Longitudinal Study of Parents and Children, un progetto di ricerca britannico), invitandoli a compilare un questionario in cui sono stati registrati sia il livello di russamento e apnea nei primi sei o sette anni di vita dei figli, sia la propria valutazione del comportamento dei bambini. Cosi’ si e’ visto che bambini con problemi di respirazione durante il sonno hanno tra il 40% e il 100% di probabilita’ in piu’ di sviluppare “problemi neurocomportamentali” dall’eta’ di sette anni, spiega Bonuck. La ricercatrice pensa che i disturbi respiratori durante il sonno potrebbero causare problemi comportamentali in diversi modi: riducendo l’apporto di ossigeno al cervello, interrompendo i processi di “recupero” legati al sonno, o con uno squilibrio di sostanze chimiche cerebrali. “Questo studio mostra chiaramente che i sintomi” respiratori notturni “precedono i problemi comportamentali e suggerisce che i primi siano all’origine dei secondi”.
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